Il rapporto di Beatrice Cristalli con la parola

cristalli

È uscito per l’editore Internopoesia “Tre di uno” di Beatrice Cristalli, con prefazione di Giovanna Rosadini e postfazione di Silverio Novelli.

Dabar

Se l’appello poetico è un grido
Obiettivato
Io non sono più soggetto ma sono
Altro
E già nel ritorno non sono più io;
La follia ricostruirà da capo

*

Moto retrogrado

Te l’avevano detto
Di ritrovare il transito
Dal quale si salpa:
Il posto senza nominativo
E il tuo battito in un altro viaggio
Una volta sola basterà.
Amare una cometa, tra i rotoli di numeri:
Ma come si fa, a capire così
Bene e male
Le dita di Cesare Augusto
Che organizza il cuore per tutti.
Non per me?
Tu di qua, io di là,
Io come un titano esiliato
Con un sacchetto della spesa
Tra le dita che ricercano l’ironia,
Il solito scomodo volto del vuoto.
Ma proverò la verità come efficacia
– Basterà
A sorridere in un vivo mutismo

Non sarai mai il tempo di una cometa:
Vedo sempre poco pudore
Nelle partenze di chi non conosco
Perché nessuno, in effetti, ha richiamato il tempo
Le giustificazioni
E non è sintomo di maturità
Non è non è, ma vivi nelle parole
Quelle che ora aderiscono al solo suono.
Che quello che vedo negli occhi degli altri
Sia il vero
Io credo non possa – non deve –
Ripercorrere i corridoi di un romanzo.
Si incastra piano tra i ritorni di una poesia
E poi uno scatto all’aperto
Il sole dell’ateneo tra i rumori dei passi
Come tra le voci e le mie nuove rotte
Lasciano una scia, non una risposta
La stessa prima di ogni perché:
A nuovo e luce annodati
Pochi versi, senza verbo
Accolgo come la sabbia fresca
Delle ore contate.

Non preoccuparti se i segni non
Spariscono, sprezzanti
Non dicono
Intanto è già cambiato un codice
Lui che ha solo una funzione
Qualche senso sotto le carte:
Sapessi giocare, io.
Ci sono diagnosi che rimangono nell’aria
Parte nelle fibre una consumazione diversa
Come un raggio nello spazio;
Salgo allora su quella deriva
La cometa che arriva al contrario:
Quel momento che era già negli altri
Ma arriva sempre dopo e mai tardi.
Basterà

*

Uno di uno

C’è un impulso vero
E pochi sobbalzi – entusiasta
Io so cosa fare:
Sentire senza pace le cose
Dicevi che è un dono
«Un dono che fa male»
Ma io guardo sotto
È perfetto nella sua
Inconsistenza – mare
Non può salire
Regge il suo farsi senza fondo
Nel pozzo che vedo anche io
Perché soffro i silenzi come un
Neonato
E solo le comete conoscono
I passaggi – tra sinapsi e globuli
Sparerei un canto che è solo
Sangue trattenuto

Ma quanto bene mi fa
Guardarti dopo anni senza volerti
Musa
Per dirmi quello che rimane fuori
Dalle parole – le altre
Quelle che non si dicono
Con il peso dell’ironia e l’abisso
Facile – è così, è così:
Sentirmi lontana dal mio sentimento
E fingermi a posto.

Dovrei rispondere solo a me,
Dici che troverei la meraviglia
Ma quel verso non sai indirizzarlo
Io non voglio alcun atto
Nel teatro qui sotto
Io pretendo il mare in cima
Che resta:
Ci sono cose che ritornano
E non avvisano
Le vedo, tra una mano mai chiesta
E la voglia di intrufolarsi
Nel giardino privato
Con il piacere di una sola carezza.
Nessuno apre
Ma non chiederti le cause
Vale solo la forza degli effetti,
Come guardare il vento che passa
E volerne prendere parte
In mezzo a una forma,
A un amore che squilla

«Fin dalla prima poesia di questa compatta e intensa raccolta, i temi fondanti della poetica di Beatrice Cristalli si annunciano e delineano: quello dell’identità di un soggetto depotenziato dalle dinamiche del mondo contemporaneo, e il suo rapporto con la parola. Parola che è (come da titolo) “Dabar/Davar”, ovvvero, ebraicamente parlando, una parola dotata di peso, concreta, che ha un’incidenza sul reale e significa, contemporaneamente, “fatto”. È la parola che si sostanzia e diviene realtà, e come tale si fa anche tramite fra l’uomo e la realtà, segno che rimanda a significati ulteriori.
… Le emozioni che questa poesia trasmette sono come de-corporeizzate e ad alto contenuto cognitivo, come sublimate attraverso il pensiero e il linguaggio, che ne è la principale via d’accesso. Ed è proprio il registro linguistico-riflessivo a mediare la modalità di esperire il mondo da parte di questa giovane autrice, e ne testimonia l’inconsueta maturità espressiva e poetica.»

(Dalla prefazione di Giovanna Rosadini)

«… mi sono messo a leggere le poesie di Beatrice sapendo queste cose, ma ho sempre pensato che la parola in forma di poesia non si fa cogliere, quindi nemmeno possedere. Scriveva Mario Luzi che “il poeta percepisce e concepisce per forme”. Chi legge muove l’occhio verso le corolle di segni di/versi presentendo e figurandosi disegni ignoti per/versi e versi. E tra i versi, per i versi, se vorrà, potrà il lettore adagiare una carezza. Pretendere di possedere una poesia è pornografia. Stringere al collo le parole per cavarne un senso (un unico, ragionevole, incontrovertibile senso) è azione preterintenzionalmente omicida. L’atto violento afferra quanto, in realtà, non è davvero cercato e possiede infine il clone esanime delle proprie aspettative frustrate.»

(Dalla postfazione di Silverio Novelli)

Beatrice Cristalli (Piacenza, 1992) è laureata in Stilistica del testo presso l’Università degli Studi di Milano. La sua tesi dal titolo L’invenzione della colpa. L’antropologia negativa leopardiana tra Zibaldone e Operette morali ha vinto il secondo premio al Concorso per il Premio Giacomo Leopardi riservato alle tesi di Laurea specialistica e dottorato 2017 del Centro Nazionale di Studi Leopardiani. Collabora con diverse testate culturali online, tra le quali Treccani, Il Tascabile, Doppiozero e Cultweek. Per il Portale Treccani, in particolare, ha condotto una indagine a puntate sulla critica letteraria del web. Un suo saggio su Mario Luzi è presente nella raccolta saggistica dal titolo Un’idea di poesia. L’officina dei poeti in Italia nel secondo Novecento, a cura di Laura Neri (Mimesis, 2018). Tre di uno è la sua prima opera in versi.

Foto di copertina: © Samantha Faini