Confessioni di una novizia: il battesimo dell’acqua

Soffiantino, Finale Ligure 2014

Soffiantino, Finale Ligure 2014

CYBIL PRINNE

Qualche anno fa mi sono trasferita per un lungo periodo in un paese tropicale. Quando sono arrivata non sapevo nuotare. Passavo ore in spiaggia a guardare il mare cristallino, a patire i 40° C e invidiare ferocemente le persone che si divertivano in acqua.

Ma non sarei mai potuta immergermi nell’oceano: appena l’acqua avrebbe raggiunto le ginocchia mi sarebbe mancato il fiato e avrei cominciato a dare di matto. A quell’epoca non facevo neppure la doccia perché mi sentivo soffocare dal getto. Inoltre, ero sicura di non poter galleggiare; magari tutti erano in grado di farlo, ma io no.

La storia del lento processo di imparare a nuotare da adulta è lunga e dolorosa; ci sono riuscita solo perché c’era una piscina vicino a casa dove di sera nessuno vedeva i miei faticosi tentativi e soprattutto perché il caldo era un tormento senza fine.

Avevo appena iniziato a fare amicizia con il mare, molto più spaventoso della piscina, quando una collega mi propose di iscriverci ad un corso di sub, che per noi sarebbe stato gratuito. Quante volte ho rimpianto il mio sì impulsivo! Ma ormai era fatta, mi vergognavo a dire che avevo paura dell’acqua ed ero troppo orgogliosa per tornare indietro.

Ecco la lista dei momenti più tragici:

Indossare le pinne, che mi imbarazzavano fuori dall’acqua e impedivano dentro.

Usare le pinne; l’istruttore dopo la prima volta mi disse, cercando di non ridere, che sarebbe stato meglio che facessi un po’ di pratica a casa (e qui la piscina notturna risultò di nuovo utile; ci passai parecchie sere a maledire il mio orgoglio).

Sollevare una bombola; al tempo pesavo 45 chili e l’attrezzatura circa 30.

Tuffarmi nella piscina dell’addestramento. I tuffi dovevano avvenire con i piedi, una cosa che tutti gli altri aveva fatto fin da bambini divertendosi un mondo. Io no. Quando arrivò il mio turno, mi fermai sul bordo come statua di pietra. L’istruttore si avvicinò, mi abbracciò e saltammo insieme. Era un tanto un bell’uomo e vicino a lui la paura un po’ si calmava.

Dopo qualche lezione, a parte il nodo allo stomaco, iniziavo davvero a divertirmi. Gli altri iscritti erano simpatici e non mi prendevano in giro; le lezioni teoriche erano interessanti e costituivano un buon allenamento nella lingua inglese (che non era la mia lingua madre); l’istruttore oltre ad essere un uomo pieno di fascino sapeva fare il suo lavoro alla perfezione.

Soffiantino, Mauritius 2017

Soffiantino, Mauritius 2017

Ma l’esperienza più orribile doveva ancora venire: svuotare la maschera sott’acqua. Basti dire che imparare la manovra (sì, alla fine ce l’ho fatta) mi costò due sedute notturne in piscina nelle quali bevvi così tanta acqua clorata da rinunciare all’happy hour per un pezzo.

L’ultima tortura mi fu impartita durante la pratica delle lezioni di salvataggio, quando per poco non annegai durante la respirazione bocca-a-bocca con la collega, che mi teneva la testa sott’acqua ma non mi soffiava aria in bocca. Ma a quel punto ero pronta a tutto, e spirare durante un finto salvataggio mi sembrava quasi un atto di eroismo.

Il corso BSAC è parecchio difficile, a maggior ragione per un elemento come me, ma riuscii a passare gli esami teorico e pratico e feci la mia prima immersione in mare da riva. Ero a tutti gli effetti una novizia, così erano chiamati i neo patentati. Ora potevo usufruire della barchetta del club gratuita per fare immersioni in mare aperto.

Ma ancora non sapevo che avrei dovuto tuffarmi all’indietro con tutta la bardatura addosso. Quello non sarei mai riuscita a farlo da sola, avrei chiesto agli altri di darmi letteralmente una spinta. E sarei diventata  famosa come “quella che si fa buttare in acqua”. A tuffarmi, in piedi o in qualsiasi altra posizione, non avrei mai imparato a farlo.

Non sapevo neppure che la muta avrebbe reso difficile immergermi e andare giù, nonostante i pesi alla cintura; ma non ero io quella che non avrebbe mai galleggiato? Né che avrei patito enormemente il mal di mare, e mentre gli altri mangiavano panini e bevevano birra in barca dopo le immersioni che avrei assunto un colorito verdastro (altra caratteristica per cui sarei stata ricordata).

Ma la ricompensa sarebbe stata l’esplorazione meravigliosa (e meritata) di paesaggi marini popolati di pesci e coralli, l’incontro con murene e tartarughe, il blu profondo che si vede ad una certa profondità. Ma soprattutto la possibilità di misurarmi con i miei limiti e di superare un blocco che mai avrei pensato di vincere. Ricordo di aver detto a me stessa: se ho fatto questo, posso fare qualsiasi cosa nella vita.

Beh, forse il paracadutismo lo escluderei.

(Foto di Paola Soffiantino, www.imagevintage.it/)

Soffiantino, Mauritius 2017

Soffiantino, Mauritius 2017