Scatto felino

 

ATTILIO IANNIELLO

Il gatto bianco e celibe si guarda
Nella lucida lastra dello specchio
E sapere non può che quel candore
E le pupille d’oro non vedute
Mai nella casa sono la sua immagine.
Chi gli dirà che l’altro che l’osserva
È solamente un sogno dello specchio?
Penso che questi armoniosi gatti
Quello di vetro e quello a sangue caldo
Sono fantasmi che regala al tempo
Un archetipo eterno…
Jorge Luis Borges (da “Beppo”)

Questa poesia di Borges ci può portare al cuore della esposizione di fotografie intitolata “Scatto felino” che immortalano, appunto, dei gatti. Soprattutto negli ultimi due versi riportati possiamo riconoscere il potere evocativo del gatto: immagine, visione (tale è l’originario significato etimologico della parola fantasma) di un archetipo eterno.
E l’immagine del gatto si perde infatti tra gli antichi secoli giungendo persino ad assumere connotati sacrali. Sto pensando all’antico Egitto, alla dea Bastet con la testa di gatto, dea della casa, dei gatti, delle donne, della fertilità e delle nascite; inoltre scavi archeologici nelle rovine di Tell Basta (nome attuale di Bubastis) hanno portato alla luce un importante cimitero di gatti mummificati con lo stesso processo di imbalsamazione delle mummie reali, seppelliti con vicino ciotole per il latte e oggetti che ne garantivano la sopravvivenza nell’aldilà.

Edward Topsell (circa 1572 – 1625), un chierico inglese famoso per un suo insolito bestiario, scrisse nel suo Storia di animali a quattro zampe e serpenti: «Gli Egizi hanno osservato negli occhi di una gatta le varie fasi lunari perché con la sua luna piena splendono di più mentre la loro luminosità diminuisce con la luna calante e il gatto maschio muta l’aspetto dei suoi occhi in relazione al sole, infatti quando il sole sorge la sua pupilla si allunga, verso mezzogiorno si arrotonda e la sera non si vede affatto e sembra che l’intero occhio sia omogeneo».
Gli occhi dei gatti, quindi, come specchio del giorno e della notte, delle fasi celesti del tempo, fasi misteriose che governano la vita del tutto.
Nell’Oriente buddista poi, il gatto è ancora oggi rispettato quale simbolo di meditazione, di profonda conoscenza e visione della realtà, di armonia e pace.
In Thailandia un antico testo intitolato Il libro delle poesie dei gatti racconta che, quando una persona che aveva raggiunto dei buoni livelli di spiritualità moriva, la sua anima si reincarnava nel corpo di un gatto. Alla morte di quest’ultimo poteva poi ascendere ad una dimensione di grande illuminazione spirituale.

Credo che l’attenzione che ognuno di noi può avere per questo felino abbia le proprie radici in queste dimensioni sacrali. Il sacro è stato definito dagli studiosi di storia delle religioni un mistero tremendum et fascinans, e non è forse così il gatto che può apparire affascinante nel suo incedere, nel suo riposare, nel suo donare pace a chi lo tiene in grembo accarezzandolo e ricevendo in dono fusa e un ronfo leggero e rilassante, ma può apparire aggressivo, tirare fuori le unghie in modo minaccioso per difendersi o per cacciare?

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Le fotografie di Rinuccia Marabotto ci presentano una serie di gatti di diverse età, spesso ripresi in primi piano per far risaltare l’enigmatico sguardo felino. Colti nell’erba del giardino o in ceste di vimini intrecciato, adagiati su morbide coperte, abbracciati a colorate zucche d’autunno, sospesi su tiepida neve o sbucanti da borse, i gatti di Rinuccia sono lì fissati su carta da fotografia pronti a ricevere lo sguardo di chi in quei gatti si specchia e vi ritrova parte di sé, di quel sé ancestrale, di quella sapienza antica che ci unisce al tutto in un inter-essere esistenzialmente creativo.
I gatti di Rinuccia hanno i propri nomi: Mini, Trissy, Foin (leggi Fuin, ossia faina o ragazzetto vispo), Bel, Tigrot, Binel. Di fronte a queste fotografie, tuttavia, poco ci importa di sapere il nome del felino domestico che osserviamo; poco per volta ad ognuno ritorna il ricordo del gatto che ha accompagnato, o accompagna ancora, parte della sua vita, ritorna il ricordo gioioso o triste di qualche evento che ha visto protagonista, appunto, il proprio gatto.

Franco Fortini in una poesia tratta dalla raccolta Paesaggio con serpente e intitolata “Del tuo timido gatto…” presenta in modo puntuale il ricordo di un gatto probabilmente molto amato:

Del tuo timido gatto
che scendeva la scala
dell’orto la mattina
con la sua ombra fina
lungo le terrecotte

cosa è rimasto? Nulla
fuor che l’impronta impressa
dalle sue zampe nella
gettata di cemento
dove annusava incerto

fra le tue grida: «Via,
via di lì, stupidino!»
Era luglio, era aperto
il cielo. Pensai: «Certo
rimarrà sempre un segno».
Ora il cemento è pietra
alle piogge d’ottobre.
Ostinate lo coprono
le foglie senza forma.
Toglile e potrai leggere
l’orma di quegli unghiòli.

Il ricordo delle nostre esperienze può dare un valore ulteriore alle immagini che osserviamo, perché la fotografia, come tutte le espressioni artistiche, tocca tutte le corde del nostro sentire, comprendere, vivere.

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Rinuccia Marabotto estimatrice d’arte ed esperta antiquaria oltreché fotografa, afferma: «Trovo che nella fotografia e nell’antiquariato ci siano alcune analogie: in entrambi i campi non sono mai concesse proroghe. Qui ed ora. Il collezionista o amatore d’antiquariato alla vista di un oggetto pregiato, raro, agognato, non può tergiversare, o potrebbe perdere per sempre l’ambito pezzo da collezione. Difficilmente si presenterà una seconda occasione per scovare un “tesoro” con le stesse caratteristiche. Nella fotografia vige lo stesso principio: cogli l’attimo. Una bellissima luce, una particolare atmosfera, l’espressione giusta, un gesto singolare; devi cogliere subito quell’istante magico. Non si replica».
Sta all’osservatore replicare in sé quell’istante fissato e stampato per quante volte siano necessarie per farlo proprio.
Una mostra di fotografie dedicate ai gatti non è appannaggio solamente di chi tali animali apprezza o ama; è per tutti, o meglio, per tutti coloro che sanno, di quando in quando, aprirsi alla meraviglia.

Un detto irlandese afferma: «Gli occhi di un gatto sono finestre che ci permettono di vedere dentro un altro mondo».
E il poeta Darío Jaramillo nella sua poesia intitolata “Gatti” scrive:

Stati della materia.

Gli stati della materia sono quattro:
liquido, solido, gassoso e gatto.
Il gatto è uno stato speciale della materia,
anche se sorge qualche dubbio:
è materia questa voluttuosa contorsione?
non viene dal cielo questo modo di dormire?
E questo silenzio, non proviene forse da un luogo
senza tempo?
Quando lo spirito gioca a essere materia
allora si trasforma in gatto.

La mostra “Scatto felino” presso la sede dell’Associazione Meridiana Tempo in Piazza San Pietro n. 1 in Mondovì è visitabile dalla domenica 17 febbraio alla domenica 3 marzo 2019 nei seguenti orari: venerdì e sabato ore 16-19 – domenica ore 10-12 e 16-19.
Info: 340.6324348

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