GABRIELLA MONGARDI
L’orlo del tempo: un titolo intensamente poetico per un romanzo tenero e delicato, malinconico ed elegante, che attraverso la vita di tre personaggi e i loro rapporti dipinge l’affresco di una generazione e di un’epoca, gli anni che vanno dal 1968 al 2008. Sono anni caratterizzati da profondi mutamenti economici sociali e filosofici (il passaggio da un mercato nazionale a un mercato globalizzato, la contestazione giovanile, l’irruzione del relativismo), qui colti da una prospettiva “privata” e “provinciale”. Ambientato quasi interamente nel Piemonte orientale, tra Borgomanero e Stresa, il romanzo vale anche come testimonianza della trasformazione di un tessuto sociale che i personaggi sembrano subire senza riuscire a coglierne gli elementi di positività, legati come sono alla loro adolescenza, al rifiuto di invecchiare, alla permanenza del passato: attaccati come sono – verrebbe da dire – all’orlo del tempo, nel tentativo impossibile di fermarlo.
Nel romanzo, suddiviso in quattro parti, il tempo è scandito per decadi. La prima parte comprende tre capitoli, intitolati ciascuno a uno dei personaggi principali e a un anno: “1968 Valentino”, “1978 Guido” “1988 Luisa”: fra i tre, non ancora ventenni del 1968, esiste un aggrovigliato rapporto di amicizia-ammirazione-rivalità-amore i cui fili si allungheranno, variamente sdipanandosi e intrecciandosi, fino alla fine del romanzo. Mentre nei dialoghi e nelle riflessioni dei personaggi vengono esplicitamente affrontati problemi cruciali, come quello dell’educazione dei figli, del denaro, della religione, del declino della civiltà occidentale, il tema di fondo del romanzo sembra essere la celebrazione della cultura come unico strumento per realizzare se stessi e vivere consapevolmente: Valentino, che si è laureato in lettere, è felicemente sposato, è diventato preside ed è uno studioso e scrittore ammirato, mentre gli altri due, entrati nel mondo del lavoro subito dopo il diploma, si sono trovati impreparati a gestire i cambiamenti e le difficoltà: Guido ha addirittura fatto fallimento e trent’anni dopo mendica un lavoro per la moglie; Luisa, nonostante il suo talento di venditrice e i soldi di cui il marito la ricopre, ha trovato l’unica felicità della vita in una relazione adulterina. Eppure anche Valentino ha smarrito le sue certezze, e cerca aiuto in Don Carlo, loro insegnante di lettere al liceo: nella seconda parte, riservata agli anni 1998-1999, il romanzo diventa un originalissimo romanzo epistolare a senso unico. Dei nove capitoli che la compongono, i primi sette sono infatti costituiti da lettere che non ricevono risposta, e che servono ai personaggi come strumento di introspezione: Valentino e Guido scrivono al sacerdote, Luisa scrive a Valentino, in un tentativo mascherato di seduzione che non è mosso se non dal desiderio di riportare indietro le lancette dell’orologio, per vivere la vita che non si è vissuta. Negli ultimi due capitoli l’azione si sposta a Moneglia, nella Liguria di Levante, dove trent’anni dopo tra Valentino e Luisa il gioco delle parti si rovescia, senza però che questo serva da risarcimento per i dolori adolescenziali. Nella terza parte – due soli capitoli ambientati a Roma – la parola passa ai giovani, Gabriele e Andrea, figli rispettivamente di Valentino e Giulia e di Luisa e Gianni, e con una brillante “trovata” narrativa la storia dei padri viene rivissuta attraverso i loro occhi. Nella quarta parte si ritorna a Borgomanero, per una conclusione tragica ma iscritta nell’ordine naturale delle cose, nello scorrere del tempo più o meno velocemente rapinoso. L’ultimo capitolo, una sola pagina di altissima poesia, disegna misteriosamente un altro orlo del tempo, l’ultimo…
Ma se il romanzo si chiude, resta aperto il bilancio di queste vite, in cui è inevitabile rispecchiarsi, per cui è impossibile non avvertire uno slancio di empatia, anche perché il narratore stesso, quando è presente, non giudica i personaggi, ma piuttosto li com-patisce. Chi ha a che fare con il mondo della scuola, in particolare, non può che condividere la concezione che Valentino ha della scuola e della sua funzione principale: quella di ridare fiducia a ragazzi sbandati, disorientati, fragili perché figli di adulti in crisi; quella di rispettare sempre tutti: docenti, genitori e alunni.
Ma a tutti il romanzo offre a ogni pagina l’occasione di riflettere con i personaggi sui loro (e nostri) problemi e sulle risposte che essi cercano di darvi: la lettura, scorrevole e avvincente, diventa così un confronto “filosofico”, sicuramente arricchente per chi sia disposto a lasciarsi coinvolgere.
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