GIANCARLO BARONI
Si potrebbe credere che i Miracoli cui fa riferimento il nome della splendida e celebre Piazza pisana siano legati alla Torre pendente; sembra sempre sul punto di cadere e invece per fortuna non precipita. Il ritornello di un’orecchiabile e popolare canzone del 1939 diceva: “Evviva la Torre di Pisa che pende che pende, e mai non vien giù”. Oggi i turisti scherzosamente si fanno fotografare mentre, grazie a un’illusione ottica, sembrano reggere la Torre evitando che si inclini ulteriormente: una foto ricordo da condividere con parenti e amici. Con straordinaria fantasia Magritte dipinse a fine anni Cinquanta una enorme piuma che si appoggiava delicatamente al lato pendente sostenendolo e puntellandolo.
Piazza Duomo è nota anche come Piazza o Campo dei Miracoli, fu Gabriele D’Annunzio a chiamarla per primo “Prato dei Miracoli”. Cattedrale, Battistero, Campanile e Camposanto, spuntano come candide meraviglie marmoree dal verde di un vasto prato e formano un complesso architettonico maestoso e omogeneo dove ogni singolo elemento arricchisce e rafforza l’insieme. Primo edificio la Cattedrale romanica dedicata all’Assunta, iniziata nel 1064 subito dopo la vittoria contro i saraceni di Palermo; il consistente bottino di guerra fornì i soldi necessari per avviare i lavori. Sull’armoniosa facciata si dispongono elegantemente portali, arcate, loggette, lunette, colonne, tarsie, sculture. Il Battistero, rivolto verso la facciata del Duomo, nasce a metà del XII secolo e viene completato verso la fine del XIV. L’esterno ornato, decorato e ricamato come un tessuto prezioso; l’interno semplice e spazioso accoglie il Pulpito (1260) di Nicola Pisano che richiama, per affinità e differenze, quello scolpito a inizi Trecento dal figlio Giovanni in Cattedrale. I lavori della Torre campanaria iniziano nel 1173 ma presto si interrompono per il cedimento del terreno e si concludono quasi duecento anni dopo. La leggerezza architettonica del monumento (vuoti e pieni si alternano con equilibrio) contrasta con la pesantezza del materiale prevalentemente marmoreo e si scontra con l’altezza della torre e con il terreno in parte acquitrinoso su cui instabilmente si fonda. Un poco defilato, quasi parallelo a Battistero e Duomo, il monumentale Camposanto del 1277 custodisce sarcofagi, monumenti funebri, lapidi, sculture e affreschi. A forma di rettangolo allungato le sue spaziose gallerie circondano un prato dove una leggenda racconta fu versata terra santa e miracolosa che le navi pisane portarono da Gerusalemme al ritorno da una crociata. Nel luglio 1944 l’artiglieria statunitense colpì con una granata il Camposanto: le travi crollarono, il piombo che ricopriva il tetto colò sulle pareti interne rovinando i dipinti, compreso il “Trionfo della morte” che Bonamico Buffalmacco affrescò nella prima metà del Trecento. Staccati dalle pareti, i disegni preparatori degli affreschi del Camposanto sono esposti nel vicino Museo delle Sinopie.
Si affacciano sull’Arno due scrigni. Il primo è il Museo di san Matteo, che conserva capolavori medioevali fra cui numerose croci dipinte con il Cristo raffigurato ora trionfante sul dolore e sulla morte ora al contrario sofferente, con gli occhi chiusi e la testa reclinata; il secondo, dall’altra parte del fiume, è il raffinato oratorio in stile gotico di Santa Maria della Spina che ha custodito per lungo tempo una spina della corona di Gesù.
La grandezza di Pisa ebbe una durata relativamente breve: dai primi anni del Mille sino a fine Duecento quando, nel 1284, vicino all’isolotto della Meloria, i pisani subirono una disastrosa sconfitta navale da parte dei genovesi. Per l’intero ‘400 venne dominata da Firenze che presto la conquistò definitivamente. La città rifiorì verso metà Cinquecento per merito di Cosimo I de’ Medici. Il Granduca fondò l’ordine militare e religioso dei Cavalieri di Santo Stefano e assegnò al Vasari il compito di ridisegnare la scenografica Piazza dei Cavalieri con la Chiesa di Santo Stefano e il Palazzo dei Cavalieri oggi sede della Scuola Normale Superiore.
Una leggenda racconta che a pochi chilometri da Pisa, verso il 44 d.C., sbarcò l’apostolo Pietro proveniente da Antiochia e diretto a Roma: dove l’apostolo innalzò un altare di pietra sorse la basilica di San Piero a Grado.
Il pendolo della storia
Trionfo sui saraceni
m’incatenano i genovesi
e conquista Firenze.
Saccheggio i palermitani
mi depredano i Doria.
Oscilla il pendolo della storia
più rapida l’ascesa
maggiore il tonfo.
Le fotografie sono di Giancarlo Baroni.
Uscito su Pioggia Obliqua, Scritture d’arte.