L’indomabile danza della primavera

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GUGLIELMO APRILE

IL SEGRETO REGISTA
Chi intreccia e poi per gioco
dei passeri scioglie la scia,
chi la mobile trama
delle foglie dispone
e disfa sul terreno,
chi le nuvole come
un arazzo nel cielo?
Chi dondola sulla sua amaca
la luna, chi il geroglifico nero
dei rami allunga, e stria
il pallido oro del cielo?
Chi scarabocchia i ruvidi
papiri dei promontori
di sempre nuovi disegni di fiori?

Chi spruzza d’agata e fuoco
le ali della farfalla, chi
intarsia nell’arcobaleno
il manto del colibrì?
Chi indica rotte agli stormi?
Chi sbozzò musi e schiene
di animali che dormono
nelle falesie di tufo,
chi giganti in catene
rinchiuse negli informi
corrugamenti della roccia?
Chi infilò goccia a goccia
perle sull’anulare
delle stalattiti, e le cupole
issò delle Pleiadi?
Chi la prima rugiada
raccoglie sulle guance
dell’anemone, chi le lance
del sole in mezzo al fogliame
forgia? Chi insegnò al mare
le sue canzoni, e la strada
all’ape verso i fiori? Chi veglia
che ogni anno il gabbiano
ritorni al suo nido?

Chi guida il sole per mano
e il sangue nella giugulare?
Chi numera gli aghi di pino
e le conchiglie sulle rive?
Chi sulle sue orbite Sirio
paziente sospinge piano
e tra le tue labbra il respiro?
Chi soffia con labbra divine
in tutte le cose, e le fa vive?

***

QUELLO CHE IL VENTO PROMETTE ALLA TERRA
In cerca di cosa protendono
al cielo gli ippocastani
strenuamente le braccia;
quale prodigio attendono
quei boccioli, che implorano
la mai bastante carità del sole;
quale presagio impresso nelle nuvole
le loro dita non più spoglie leggono?

Sta per piovere, e un’impazienza
li scuote, un’insonnia che soavemente
li consuma, un tenero tormento
non gli dà tregua, mentre infuria pazzo
di baci il vento tra i loro capelli.

Noi dormiamo, ma loro già lo sentono:
Ade ha socchiuso i suoi cancelli,
l’arcobaleno dei fiori incorona
la fronte ai viali, la terra
è pronta come una sposa, e sbadiglia,
la gru ricorda il profumo dei suoi canneti,

cascate di mimosa
esplose tra i calcestruzzi
sono le orme dorate di un dio
passato di qui di recente,
ma che non si lascia sorprendere.

***

ORA CHE TACE IL VENTO
Sono un intruso, non mi riconoscono
come uno di loro, questi alberi,
diffidenti, mi ignorano se passo,
si chiudono accigliati in una loro
gelosa solitudine, a difendere
un riserbo ostinato, che non posso
violare, e che li rende schivi,
assorti, ripiegati in sé, distanti
come alle volte certi uccelli prima
che piova, quando sospesi si lasciano
cullare lenti nell’aria, tra i tetti,
e osservano distratti per le vie
il viavai della gente, ma sprofondano
pensierosi di nuovo in quell’enigma
che un segreto volere a noi fa oscuro
o accenna appena, nel tremore labile
di un tuffo d’ali nel fogliame fitto.

Ora che tace il vento, in mezzo a questi
pini superbi, silenziosi, sento
che alberi uccelli nuvole tra loro
parlano in una lingua a me preclusa.

***

PRIMAVERA AD ELEUSI
Viole del pensiero, ambasciatrici
della più grande promessa
che il giovane sole sospira
a cullare le rive e i colli,
congedate il tempo in cui la terra
somigliava al paese dei morti:
date fretta alla bigotta stagione,
all’anchilosato, immusonito
inverno; foste voi

i bracciali al polso di Persefone,
e ancora il tintinnio dei vostri stami
annuncia oggi il suo ritorno,
buca l’asfalto, fende le ringhiere,
come quando nei campi in festa
accoglieste la Dea appena fuggita
dai labirinti di Ade, che lasciava
i sentieri dietro i suoi passi
disseminati delle vostre gemme.

Embrioni dei pianeti nascituri,
monete di fuoco a riscattare
la terra dalla sua prigionia,
lasciapassare ai cancelli degli inferi:
viole del pensiero, guidate voi
anche i miei passi, indicatemi come
uscire dalle spettrali paludi,
dal grembo dell’oscurità e rinascere
alla gioia del giorno, al sole, offrite
voi stesse in pegno per il mio risveglio.

***

COME UNA MUSICA COLMA LE VALLI
Si arrende la farfalla
inebriata all’alito
dei fiori di lavanda,
e va a morire
nel bacio del sole.
Il grillo accorda un’arpa
intrecciata di spighe
e la nasconde
tra i capelli dei campi.
Tutto solo, sul fianco
della collina, un faggio
sta genuflesso, a braccia
tese, rivolto al sole,
e prega
a fil di voce, quando il vento
fruscia tra le sue foglie.
L’incavo della valle
apre le mani a coppa
a cogliere dal cielo
la rivelazione, la perla
della luce.

bruna-bnino-per-aprile

(La foto dei ciliegi è di Bruna Bonino)