Nel cuore della civiltà barocca europea

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GABRIELLA MONGARDI

Per il primo concerto pubblico del XXVI Corso di Formazione Orchestrale Barocca e Classica organizzato dall’Academia Montis Regalis, l’orchestra dei “Giovani dell’Academia Montis Regalis” era diretta dal maestro Barthold Kuijken, considerato il massimo esperto del flauto traverso barocco, che con l’Academia Montis Regalis, nel 2001, ha inciso i concerti di Vivaldi per flauto e archi. L’orchestra comprendeva, oltre ai corsisti per gli strumenti ad arco e il cembalo, anche strumenti a fiato (flauti traversieri, oboi, fagotto) richiesti dai brani inseriti in programma, “tesori del Grand Siècle francese”, caratterizzati appunto da una grande varietà timbrica che ne rende particolarmente piacevole l’ascolto. Il concerto si è tenuto al Teatro Vittoria, a Torino (la foto si riferisce alla replica a Mondovì) ed è stato preceduto dalla presentazione storico-musicale di Giovanni Tasso, che per ogni autore ha fornito informazioni utili alla comprensione della sua musica, sottolineando la centralità del “gusto francese” nella civiltà barocca europea.

Di Lully, coreografo e ballerino di origine fiorentina, oltre che musicista, è stata eseguita una suite dall’opera Roland. Terz’ultima opera scritta da Lully, il Roland vede protagonista uno degli eroi nazionali francesi, ma per delineare le tormentate vicende amorose del nipote di Carlo Magno il librettista Philippe Quinault non si basò sulle chansons de geste del suo paese, bensì sui versi dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto. Come sempre, da questa lunga opera in un prologo e cinque atti andata in scena per la prima volta nel gennaio del 1685 a Versailles Lully trasse una suite strumentale ricca di colori e di sfumature espressive, con i flauti traversieri che si alternano agli oboi, che contribuì a fare conoscere a un pubblico più vasto le affascinanti melodie di questa tragédie-lyrique. Fin dall’ouverture si manifesta la legge dei contrasti su cui si fondano le varie danze: un motivo solenne e un po’ enfatico si alterna a uno più brillante e vivace; la Gigue ha una struttura ad eco più scandita e marziale; la Gavotte, dominata dai flauti, rappresenta un breve interludio malinconico che precede la Second Air grave e maestosa; nel Menuet gli oboi solisti intrecciano un dialogo vivace con gli archi; la Chaconne conclusiva è di seducente grazia, tanto è ammaliante il morbido dialogo tra il flauto e la viola solista.

La presenza di un autore tedesco, Telemann, in un concerto dedicato al “Grand Siècle francese” si giustifica sia per l’influenza che il gusto francese ebbe in Germania (si pensi alle Suite francesi di Bach, per citare il caso più clamoroso), sia per il fatto che Telemann, geniale trasformista, incarnò tutti gli stili della sua epoca, attinse spunti da tutti i generi e gli autori: troviamo quindi nelle sue opere parecchi elementi “francesi”, al punto che l’Ouverture in mi minore eseguita non sembra affatto musica tedesca. Dopo un’apertura severa, l’Ouverture si scioglie in un ritmo vorticoso, con continue impennate e botta e risposta tra viole e fiati; il secondo movimento ha un ritmo sincopato, da marcia allegra: sembra una musica per banda; il Menuet è imperniato su un dialogo tra fiati ed archi in cui l’ésprit de finesse francese feconda l’ésprit de géometrie teutonico, con un risultato di cristallina limpidezza; nel quarto movimento l’atmosfera si fa più cupa, i fiati lanciano un grido d’allarme, la viola solista risponde nervosa al richiamo singhiozzante dei violini; la conclusione è all’insegna di una dignitosa compostezza.

Rameau, che ha scritto la sua prima opera a 50 anni, vive l’ultima fase della tragédie-lyrique, ormai sentita come obsoleta da un pubblico sedotto dall’opera buffa di Pergolesi. Il suo Dardanus, del 1739, dovette attendere il 1760 per raggiungere il successo, dopo essere stato sottoposto a varie revisioni. Queste vicissitudini erano dovute alla farraginosa struttura drammaturgica e non alla qualità della musica, come ci si può facilmente rendere conto dalla suite di arie e danze proposta, di straordinaria freschezza melodica. Dopo un attacco “ascendente”, la musica zampilla da ogni dove, e forma un largo fiume di armonia che ora accelera ora rallenta, ad ondate; il flauto traversiere accompagnato dai violini intreccia il suo canto a quello della viola, poi il flautino inserisce il suo trillo sbarazzino in un tessuto ritmico ben cadenzato. Alla grande leggerezza di un’aria con ritornelli segue una melodia di carattere pastorale, rilassata e cullante, soffusa di dolcezza; il lento sommeil esprime turbamento e mestizia, con molta delicatezza; la ciaccona finale è il trionfo della grazia melodica, con punture di inquietudine pre-mozartiane.

Un concerto davvero prezioso, per immergersi nel cuore musicale dell’Europa barocca.