PAOLO LAMBERTI
Parte seconda: le narrazioni dello scontro
Le fonti primarie
Si riportano qui le citazioni dei passi salienti delle narrazioni che più hanno influito sulla ricostruzione dello scontro: sono stati isolati i brani che mettono in luce gli argomenti qui pertinenti, in particolare le intenzioni degli attori come vennero percepite da protagonisti e testimoni, al fine di facilitare il lettore nel formarsi un’opinione e nel confrontare le versioni. Sono raccolti brani della relazione del capitano Martinel, incaricato di stendere nel 1802 una serie di note sui campi di battaglia del 1796, anche in vista del celebre ciclo di incisioni di Bagetti. Di Gioachino Grassi sono riportati passi sia della Relazione del fatto d’armi presso il Mondovì nel giorno 21 aprile 1796 tra la cavalleria francese… dedicata esclusivamente a Cassanio, sia della Narrazione istorica della battaglia della Bicocca, del Brichetto e di Cassanio dedicata al complesso della battaglia di Mondovì, che riporta sostanzialmente la narrazione della Relazione, ma con considerazioni aggiunte sul senso dello scontro stesso. Si cita una lettera di Colli, pertinente alle opinioni del comandante piemontese. Da ultimo sono riportate citazioni di Buonaparte stesso, e di altri militari francesi, e il certificato di morte di Stengel. I testi francesi sono dati in traduzione. Queste non sono le uniche fonti primarie, gli storici francesi si sono avvalsi di particolari tratti da altre corrispondenze di ufficiali napoleonici; di una relazione del cavalier di Bellegarde, ufficiale della Legione delle Truppe Leggere, dà notizia Griseri, ma come di un testo ormai illeggibile, ed utilizzato comunque dal Grassi.
Napoleone (nel rapporto al Direttorio del 22 aprile, dalla Correspondance vol.I, Paris 1859): «Tutta l’armata rimpiange, con ragione, il generale Stengel, ferito mortalmente caricando alla testa dei suoi reggimenti di cavalleria…il 20° reggimento dei dragoni, alla testa del quale ha caricato il cittadino Murat, mio aiutante di campo, si è distinto».
Napoleone (in una lettera a Carnot del 9 maggio, ibidem): «dopo la morte di Stengel non ho più un ufficiale di cavalleria che si batta. Desidererei che mi possiate inviare due o tre aiutanti generali provenienti dalla cavalleria, che abbiano del fuoco e una ferma decisione di non fare mai prudenti ritirate».
Napoleone (Memoriale di Sant’Elena): «Il generale Stengel, che si era troppo allungato con un migliaio di cavalli, fu attaccato dai piemontesi, doppi di forze. Compì tutte le disposizioni che ci si doveva aspettare da un generale esperto, e si ritirò verso i rinforzi quando durante una carica cadde colpito a morte da un colpo di punta. Il generale Murat alla testa della cavalleria respinse i Piemontesi e li inseguì per qualche ora…Sventuratamente Stengel aveva la vista corta, difetto gravissimo nella su professione, che gli fu funesto e contribuì alla sua morte.»
Napoleone (ultime parole attribuitegli sul letto di morte): «Stengel, Desaix, Massena! Ah, la vittoria si decide! Andate! Correte! Alla carica!».
Stengel morente (nelle Mèmoires de l’adjud. g.al Landrieux, citate in Bouvier): «quel miserabile piccolo Corso mi ha voluto far morire: c’è riuscito».
Beaumont (lettera di Beaumont a Berthier del 21-22 aprile, in Krebs): «il generale Beaumont condusse i due squadroni del 20° dragoni, che bivaccarono la sera nella piana sulla riva sinistra dell’Ellero. Il 5° dragoni ha perso 36 uomini e 26 cavalli e il 20° cinque o sei e altrettanti cavalli».
Colli (lettera a Beaulieu, 22 aprile, in Amo): «Il combattimento è divampato su tutti i punti dello schieramento…l’azione del nemico era tale che per evitare di essere aggirato sui fianchi mi decisi ad abbandonare Mondovì ed a raggiungere la pianura ove avevo due reggimenti di cavalleria che servivano da copertura…Vi avevo detto molte volte che l’armata del Re non era in grado di tenere testa al nemico su un così lungo fronte».
Liber mortuorum (parrocchia di Carassone, c. 328 v.): «Enrico Stengel, nobile palatino, comandante della cavalleria francese in Italia, morì il 28 aprile 1796, e il giorno dopo fu sepolto presso l’altare di S. Giacinto».
Grassi di S. Cristina (Relazione, da Griseri): «avevano appunto varcato quel fiume alla destra del Mondovì…più di 300 dragoni francesi condotti dal generale di divisione Stengel con alcuni soldati esploratori repubblicani, per portarsi ad osservare le posizioni e le forze del loro nemico e per tentare qualche ardito colpo di mano su di esso, restando il maggior nerbo dell’altra cavalleria francese al di là del fiume in aspettazione dell’esito di così arrischievole spedizione…il cavaliere Civalero fece tosto prendere le armi all’Infanteria e la dispose in massa…e ordinò al cavaliere di Bellegarde di camminar innanzi con le truppe leggere…Della cavalleria austro-sarda era ivi rimasto soltanto il primo e il terzo squadrone dei Dragoni del Re, essendosi portati…gli altri squadroni su le pianure di Mezzavia…per impedire che i Francesi…si portassero a togliere la ritirata alle altre truppe austro-sarde verso Cuneo, il che ovviò per l’appunto ad alcuni piccoli corpi di infanteria francese il varco colà dal fiume. Chafardon vedendo il grave pericolo soprastante all’infanteria di essere attaccata alle spalle, risolse…ad affrontar la cavalleria nemica…fu staccato dalle truppe leggere un officiale con un corpo di volontari coll’ordine di portarsi a quella [i Francesi] a inquietare…acciò tirando colpi di fucile su di essa dessero campo ai dragoni del re di recarsi ad attaccarla….Si sentì tra essi (i dragoni piemontesi) il bisbiglio delle voci: «Diamoli che son Francesi»…Cessato appena il fuoco dei volontari, leggieri, fece suonar la carica contro i non distanti dragoni repubblicani. Stavano questi aspettando di piè fermo l’agressor nemico…Appena arrivati i Dragoni del Re al tiro di pistola, le fecero una scarica…indi urtarono così violentemente coi loro alti e robusti cavalli ne fianchi di quelli Francesi piccoli e smonti…che molti ne furono a terra rovesciati. Il che incominciò a disordinarli, ed essendo…colpito da tre ferite ed al suolo caduto lo stesso generale Stengel…volsero le spalle…Fu intanto trasportato vicino alla cappella di San Paolo Stengel, dove disteso in terra riconobbe spontaneamente non già l’esistenza dell’unigenito figlio di Dio, come fece questo santo apostolo…ma la sovranità legittima del Re di Sardegna gridando «Il Re, il Re mi conosce». E finalmente essendo stato trasferito in Carassone, ivi morì…La qualificazione ivi [nel rapporto di Napoleone al Direttorio] data allo Stengel di assalitore de’ nostri dragoni è stata falsa secondo la testimonianza contraria di molte persone spettatrici del fatto sovraesposto…Formava un bel spettacolo il vedere questi trionfanti squadroni [piemontesi] passare…fra mezzo la stessa armata…tra le giulive voci che sentivasi ripettere dai soldati e dai loro officiali, i quali tutti…andavano …a encomiarne… la riprovata vittoria, senza della quale avrebbe certamente provata l’armata austro-sarda infiniti gravi disastri nella stessa giornata».
Grassi di S. Cristina (Narrazione, da Carboneri): «l’armata austro-sarda…stava godendo un poco di riposo…quando venne l’inaspettato avviso che la cavalleria nemica tentava di prenderla alle spalle e tagliarle la ritirata verso Bene….Difatti più di 200 dragoni francesi condotti dal generale di divisione Stengel e scortati da alcuni soldati esploratori repubblicani avevano varcato quel fiume al disotto di… Mondovì per portarsi ad osservare le posizioni e le forze del nemico e per tentare su di esso qualche ardito colpo di mano. Un nerbo maggiore di cavalleria francese, comandata da Murat…attendeva di là dal fiume; ed un altro corpo si trovava…sul prossimo colle della Ciocca in aspettazione di questa sì arrischievole spedizione….[i particolari dello scontro sono identici a quelli del Memoriale]…ufficiali e soldati li [i Dragoni del Re] riguardavano come liberatori, senza di essi l’armata avrebbe certamente provato molti disastri nella ritirata verso Fossano e verso Cuneo. Essa invece fu effettuata più tranquillamente nel giorno stesso».
Martinel (brani tratti da Griseri e Krebs): «Terrore che ispira alle truppe piemontesi il passaggio dell’Ellero eseguito dal generale Stenghel. Bonaparte pensa già a tagliare la ritirata verso il Pesio al nemico…Stengel riceve questo importante incarico…guada l’Ellero e osserva il terreno…nota a sinistra un quadrato formato dal reggimento piemontese delle truppe leggere e davanti a lui un piccolo corpo dei dragoni del Re….Chaffardon percepisce la posizione dei dragoni francesi come minaccia per la ritirata dell’esercito piemontese e decide, sebbene inferiore di numero, a caricare, con successi…Stengel si appresta a fargli pagare questo tentativo, ma un colpo mortale lo respinge…. Quel che è certo, è che qualunque cosa il generale Stengel avesse tentato, sarebbe probabilmente riuscito, senza il marchese Chaffardon…La fanteria piemontese…prendeva un poco di riposo prima della ritirata…Di colpo l’allarme si sparge tra la truppa; si apprende che la cavalleria francese ha guadato l’Ellero…Si ignora perché il generale Stenghel lo [Chaffardon] attese a piè fermo, ma è chiaro che scelse una posizione dove il suo avversario fu forzato ad attaccarlo frontalmente a causa della presenza di alberi a cui appoggiò la sua sinistra e della posizione obliqua che prese sulla regione di Frames e che lo attese; sembra che dubitasse che ci fosse ancora un ufficiale capace di vigore…Chaffardon si avvicina, spara su di loro [i francesi] il colpo di pistola: è per i Piemontesi il segnale dell’attacco. Essi caricano rovesciano completamente questo piccolo corpo e lo inseguono…il generale Stenguel (sic!) fatto prigioniero e mortalmente ferito fu portato a Carassone. Ebbe la soddisfazione, meno di due ore dopo d’essere liberato dai suoi e di morire tra i vincitori.».
Le fonti secondarie: gli storici successivi
Si riportano di seguito, in ordine cronologico, passi di storici che hanno ricostruito lo scontro, scelti con i criteri sopra enunciati, che saranno poi commentati in rapporto alle fonti e al formarsi di tradizioni narrative organizzabili con i criteri con cui la filologia costruisce uno stemma dei manoscritti per un testo.
Scott: «la cavalleria piemontese fece uno sforzo per rinnovare il combattimento, ed avea per alcun poco respinto e messo in rotta la francese, sotto gli ordini del generale Stengel, che fu ucciso nel cercar di ridurla in buon ordine; ma l’indomito valore di Murat ricondusse la fortuna in campo; e tanto la cavalleria quanto l’infanteria del Colli furon costrette a disastrosa ritirata».
Corte: «i dragoni del Re…veduto il caso che i Francesi già calpestavano i campi di Cassanio…ed oltre spingevasi colla manifesta intenzione di precludere la via alle Regie truppe…si avventarono al galoppo alla volta del nemico, che forse in quel frangente a tutt’altro si attendeva. Raggiuntolo nelle vicinanze della cappella del Cristo…incominciarono una ferocissima zuffa…un maresciallo d’alloggio del Re, trafisse Stengel, che erasi cacciato animosamente in prima fila, nel petto. Li Francesi…si disanimavano…e ci volle tutta l’autorità di Murat… a ritornarli in ordinata squadra».
Pinelli: «Buonaparte…spediva Stengel al di là dell’Ellero…per recidere la ritirata…con 600 cavalli…Chaffardon con 300 cavalli, conoscendo l’importanza di tenere aperte le vie di ritirata…furiosamente gettavasi sugli Usseri di Stengel…caricaronsi successivamente i diversi squadroni, con vantaggio dei Sardi…Stengel lanciavasi sul primo squadrone che venivagli contro: Stengel, mentre feriva in volto il brigadiere Berteu, veniva da questi trapassato fuor fuori con la spada. La morte di Stengel portò lo spavento tra gli usseri francesi, e a gran stento riuscì a Murat di riordinarli»
Krebs-Moris: «al mattino Stengel e Beaumont avevano attraversato il Corsaglia…alla testa di 100 o 150 dragoni il primo si era portato avanti per riconoscere il terreno…aveva passato [il guado dell’Ellero] e si dirigeva verso la cappella di San Po, allorché, accorgendosi della cavalleria nemica, si arrestò e formò due squadroni, con la sinistra appoggiata ad un gruppo d’alberi…Erano due squadroni dei dragoni del Re piemontese, che accorrevano sostenuti a destra, ma molto indietro, da due battaglioni della legione leggera…il colonnello Chaffardon, che li comandava, carica subito e riceve due colpi di sciabola da Stengel, a cui spezza il braccio con un colpo di pistola. I cavalieri francesi sono respinti, abbandonando il loro generale, che rimane sul campo di battaglia. È presto raccolto dal 20° dragoni, che passa a sua volta l’Ellero e costringe il nemico a ritirarsi; trasportato a Carassone, vi muore qualche giorno dopo».
Bouvier: «Bonaparte…disperando di trionfare sulla resistenza dei Piemontesi con un attacco frontale, aveva ordinato al generale Stengel di passare l’Ellero e…di piombare sul fianco e il retro del nemico…[Stengel] non aveva che 200 dragoni…i cui cavalli sono assai stanchi per le cattive strade…Era giunto presso la cappella di San Pò, quando si appresta a caricare, più per portare il terrore…che per raggiungere il Pesio…Il brigadiere Civallero…getta in avanti due battaglioni della Legione Leggera che, in quadrato, con tiratori al fianco, si preparano a ricevere il colpo. Ma la cavalleria piemontese ha anch’essa percepito il movimento di Stengel. Il marchese di Chaffardon…supera i quadrati di fanteria leggera…ha sottomano 125 dragoni. Divide i suoi cavalieri in due gruppi, come ha fatto Stengel…che avanza sin quasi alla cappella del Christ.
Alla vista dei dragoni piemontesi Stengel si blocca, sia per i cavalli e gli uomini stanchi, sia perché la sua scarsa vista gli impedisce di calcolare il numero dei nemici, sia per non poter immaginare che ci sia ancora tra i Sardi un ufficiale capace di vigore, sia infine nel veder sbucare da lontano uno squadrone del 20° dragoni, crede all’arrivo imminente del generale Beaumont e conta su un ampio rinforzo prima di caricare. Contro le sue abitudini attende la carica a piè fermo. Chaffardon s’avvicina per riconoscere la cavalleria francese…fa fuoco su di essa con la sua pistola. Al suo segnale i 125 dragoni abbordano i dragoni francesi del 5° reggimento. Questi indietreggiano…Stengel furioso alla testa dello squadrone del 20° dragoni carica i dragoni del re: Lo scontro è rapido e violento. Un combattimento s’ingaggia tra Stengel e il brigadiere Berteu, ferito al volto, mentre Stengel cade colpito da più sciabolate e con il braccio sinistro spezzato da un colpo di pistola. Ferito a morte, è preso prigioniero.
Murat riunisce prontamente sotto il fuoco gli squadroni e carica impetuosamente i dragoni sardi. Chaffardon…ripiega sulla fanteria piemontese. Quest’atto di vigore restituì confidenza all’armata di Colli e paralizzò l’inseguimento, ma il risultato non comporterebbero una tale esaltazione…Stengel trasportato a Carassone agonizza sette giorni e muore dopo aver subito l’amputazione di un braccio.
Si è voluto rendere Bonaparte responsabile di questa imprudente carica e si è attribuita a Stengel morente questa frase “Quel miserabile piccolo Corso mi ha voluto far morire: c’è riuscito”. Rimane controverso se Stengel abbia caricato spontaneamente o abbia ricevuto un ordine formale di Bonaparte, di cui non esiste traccia. Rimane certo che la cavalleria fu portata sull’Ellero per decisione di Bonaparte, a ragione…ma è certo che alla distanza in cui si trovava non poteva né prevedere né dirigere gli avvenimenti. Sembra oltretutto che l’iniziativa dell’attacco appartenesse piuttosto a Chaffardon».
Astegiano: «Vinta la battaglia…Bonaparte…ordinò allo Stengel di scendere al piano, per gettare il terrore in mezzo al nemico, accrescerne il disordine e molestarne la ritirata. Accompagnò allo Stengel il suo aiutante di campo Gioachino Murat, capo di brigata, il più adatto ad invigilare all’esecuzione dell’impresa e a darle giovamento».
Cordero: «si sparse la voce che la cavalleria nemica si avanzava coll’intento di turbare il ripiegamento…Stengel, lasciando sulla sponda destra dell’Ellero un grosso nerbo di cavalleria con Murat, era passato sulla riva opposta con oltre 200 dragoni e alcuni soldati esploratori. Chaffardon…fece sparpagliare una compagnia dei corpi volontari e si slanciò ad inseguire i dragoni di Napoleone…Non occorsero molte parole per eccitare i soldati ad attaccare, perché essi si animavano dicendo: Sono francesi, diamo loro addosso. I dragoni francesi vacillarono, lasciando gravemente ferito Stengel. Al Murat non rimase che la cura di riordinare i dragoni francesi superstiti».
Biancotti: «Buonaparte…si avvide della ritirata di Colli…mandò Stengel con la sua brigata di usseri per contrastare la marcia. Civalleri si lancia in avanti con due battaglioni della Legione Leggera che formano un quadrato. Ma anche la cavalleria piemontese…scorge i cavalieri di Stengel e corre loro incontro. Stengel si ferma! Chaffardon si avanza in ricognizione…i dragoni di Piemonte Reale partono come razzi…i francesi indietreggiano…Stengel si trova di fronte il tenente Berti, lo ferisce con un fendente al viso, crede d’averlo disarcionato. Con un balzo quest’ultimo impenna il cavallo e colpisce di punta al fianco il suo avversario…lo ferisce al capo e al braccio con tanta forza che gli spezza l’osso…Si deve all’energia di Murat se gli usseri francesi sono liberati…Stengel morirà dopo pochi giorni accusando Buonaparte di averlo mandato inutilmente al macello».
Occelli: «Bonaparte, prima di essersi impadronito del Brichetto, disperando di trionfare sulla resistenza dei Piemontesi con un assalto frontale prescrisse al generale Stengel di passare l’Ellero, e di ritornare a veloce andatura sulla destra, piombare sul fianco e alle spalle del nemico. La ritirata precipitosa del Colli mandò involontariamente a monte questo piano…[i particolari dello scontro sono desunti dalle fonti]…Lo Stengel fu raccolto…venne trasportato presso la cappella di San Paolo, dove quasi a provare la legittima sovranità del Re Vittorio Amedeo III…gridò: «Le Roi, le Roi de Sardaigne est un bon souvrain; il me connait». Egli era noto al Re, giacché si asserisce che abbia fatto parte dell’esercito Piemontese come tenente colonnello di un reggimento di fanteria svizzera… Effettivamente questo colpo di mano della cavalleria salvò dalla disfatta il nostro esercito, il quale altrimenti avrebbe provato nel retrocedere molte molestie».
Lerda: «il generale francese ha in animo di portarsi sulle strade che da Mondovì si dirigono verso Nord, onde tagliare la ritirata all’armata piemontese…sta cercando un’affermazione dei suoi reparti, che fino a quel momento hanno assolto compiti esplorativi, o poco più…Napoleone parla di un migliaio [di cavalieri]. Testimonianze dell’epoca dicono che erano in numero ben superiore…il colonnello piemontese…grazie al tempo perso dallo Stengel, inizia la carica. Il combattimento non è lungo e non assume le proporzioni di una vera battaglia…Questo scontro ha evitato un pericoloso accerchiamento…Murat non respinse i piemontesi, che rimasero padroni del campo…Solo più tardi la cavalleria francese operò una sortita…pare che fosse Beaumont a operarla».
Spinosa: «il barone Stengel, alla testa dei suoi usseri, si era lanciato all’inseguimento delle truppe austro-piemontesi che si ritiravano su Mondovì, ed era già alle porte della città quando fu colpito a morte dal nemico…Solo la prontezza di spirito e l’ardimento di Murat consentirono di salvare la situazione. Il giovane aiutante di campo di Bonaparte, che era al fianco di Stengel, prese subito il comando degli usseri e li portò alla vittoria gridando «En avant! En avant! Vive la République!» I suoi gesti erano maestosi, la voce possente».
Reviglio della Veneria: «si trattò in effetti di un combattimento di retroguardia, pur determinante, perché impedì un pericoloso accerchiamento dell’esercito sardo in ritirata, ed impari per la sproporzione numerica dei due contingenti…[i piemontesi] in numero complessivo di 125 uomini…si opposero ai 200 dragoni francesi».
Amo: «[Stengel con 200 cavalli] si appresta a caricare, più per portare il terrore tra i soldati in ritirata che per giungere al Pesio e tagliargli la strada…alla vista della cavalleria piemontese si arresta: i suoi dragoni sono affaticati e la miopia gli impedisce di calcolare rapidamente l’esatto numero dei Piemontesi e…giudica imminente l’arrivo del generale Beaumont. Attende quindi…la carica a piè fermo…i dragoni piemontesi attaccano…il generale Stengel, furioso, si mette alla testa del 20° dragoni…e conduce il contrattacco ai dragoni piemontesi. Lo scontro è rapido e violento…Stengel cade ferito da numerose sciabolate e da un colpo di pistola al braccio sinistro…Il gen. Murat raccoglie e riannoda gli squadroni fuggenti e carica i dragoni piemontesi».
La lettura di questi brani ci permette di valutare la primaria importanza della lettera di Napoleone al Direttorio, poi pubblicata sui giornale, come fonte che si impose all’opinione pubblica, sia per la carica guidata da Stengel che per il ruolo di Murat: a distanza di quasi due secoli l’uno dall’altro Scott e Spinosa rappresentano forme enfatiche e romanzate (si vedano le grida di Murat in Spinosa) della più neutra lettera napoleonica, che pure, contro il parere del Grassi, non dice che ad attaccare fu Stengel, come conferma il ricordo dello scontro nel Memoriale di Sant’Elena.
Dal punto di vista storico è il memoriale di Martinel a svolgere un ruolo centrale: se ne trovano probabilmente tracce già in Corte e Pinelli (l’allusione al recidere la ritirata), e costituisce il nucleo delle ricostruzioni effettuate da Krebs e Bouvier, integrato da fonti militari per lo più francesi: questi storici offrono due narrazioni simili ma non identiche, si veda il differente ruolo di Murat e la maggior ricchezza di particolari in Bouvier, che diventerà il modello per gli studiosi successivi, in particolare per Biancotti.
Ma a questo punto nell’ambito degli storici piemontesi viene recuperata la duplice testimonianza di Grassi di S. Cristina, a partire da Astegiano: si tratta di un mutamento fondamentale per la ricchezza di particolari data dal canonico monregalese, che viene ripreso spesso verbalmente ma a volte associato alle versioni precedenti, come fa Amo per il ruolo di Murat; tuttavia rimangono alcune questioni irrisolte, che si cercherà di esaminare confrontando i vari giudizi; la principale è quella della missione di Stengel.
2 – CONTINUA
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