GABRIELLA MONGARDI
Molto creativo il concerto tenutosi sabato 3 agosto in Sala Ghislieri a Mondovì nell’ambito del Festival dei Saraceni, molto diverso da quanto annunciava il programma di sala: «La sonata romantica per violoncello: musiche di Schumann, Beethoven, Piatti, Servais», a cui era allegata una preziosa “Guida all’ascolto” stilata dal valente musicologo Giovanni Tasso, che tracciava in breve la storia della fortuna del violoncello come strumento solista, partendo da Vivaldi e Boccherini, e illustrava brillantemente i pezzi previsti.
Ma con le radicali modifiche introdotte dai bravissimi interpreti, Lamberto Curtoni al violoncello e Giovanni Doria Miglietta al pianoforte, il titolo avrebbe dovuto essere: «Dalla sonata romantica per violoncello a oggi: Schumann, Piatti, Mendelssohn, Piazzolla, Curtoni», e a questo punto, visto che la presentazione del Tasso perdeva molta della sua utilità (anche perché di Piatti è stata eseguita una sonata diversa da quella in programma), ai numerosi ascoltatori presenti avrebbe dovuto essere almeno distribuita una fotocopia con l’indicazione precisa dei brani eseguiti, perché la presentazione fattane da Curtoni non era sempre comprensibile per il basso volume della voce… e per “ricompensarli” della scomparsa di Beethoven! Con ciò, non si vuol dire che il concerto non sia stato interessante e molto ben eseguito, ma che le “sorprese”, quando sono troppe e non adeguatamente “attutite”, finiscono con l’essere controproducenti.
Il concerto si è comunque aperto con la prevista op.70 di Schumann, che Tasso definisce “uno dei principali capisaldi della letteratura romantica per violoncello”. L’adagio si può considerare un vero e proprio manifesto del Romanticismo: la melodia cantabile si spezza in inquiete dissonanze, mentre l’allegro è tutto una tempesta. I due strumenti si cercano, si rincorrono, amplificando reciprocamente il pathos, l’insofferenza dei limiti, il titanismo dell’animo romantico. Altrettanto titanico – e più sperimentale – Mendelssohn: la sua musica esplora nuovi orizzonti, nuovi mondi; gli strumenti, in particolare il violoncello, sono portati al limite delle loro possibilità espressive – ma resta un’impressione di inconcludenza…
Rispetto alla potenza dei due autori tedeschi, la sonata dell’italiano Piatti, molto virtuosistica, pur presentando una grande varietà di temi e di atmosfere, non si libera di una cantabilità quasi operistica e di un’agitazione eccessivamente frenetica, disorientata.
Con Piazzolla, di cui viene proposto il “Gran Tango” scritto per il violoncellista Rostropovič, approdiamo al Novecento e all’avanguardia, mentre con il brano eseguito come bis arriviamo al 2000: si tratta infatti di un tempo di un concerto per violoncello e orchestra composto dallo stesso Curtoni e da lui riscritto, per l’occasione, per violoncello e pianoforte.