CARLA BURANELLO
Anne Stevenson (1931-2020)
Il 14 settembre la poetessa anglo-americana Anne Stevenson ci ha lasciato. Molti in questi giorni l’hanno ricordata ma vorrei proporre un ricordo un po’ più personale di lei che consideravo anche un’amica. Nel maggio 2013 stavo leggendo una copia di TLS, The Times Literary Supplement, quando una poesia attrasse la mia attenzione. Il titolo era An Old Poet’s View from the Departure Platform, l’autrice si chiamava Anne Stevenson. Avevo ripreso da poco a dedicarmi alla studio della letteratura, e della poesia in particolare, dopo molti anni impegnati in tutt’altra attività lavorativa e devo confessare che il suo nome mi giungeva nuovo. Mi colpirono le idee che esprimeva su cosa la poesia fosse e soprattutto non fosse, o non dovesse essere, e come incarnasse tali idee in un linguaggio ritmico-musicale. Cercai informazioni sull’autrice e appresi che era molto amata in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, che aveva pubblicato numerose collezioni di poesia, testi critici, biografie autorevoli (di Sylvia Plath e Elizabeth Bishop), che aveva vinto premi prestigiosi. Lessi altre sue poesie, rendendomi conto della varietà di temi e forme da lei affrontati e, in breve, decisi di contattarla tramite il suo editore Bloodaxe. Mi rispose e si dimostrò gentile e sorpresa che in Italia qualcuno la leggesse. Tradussi la poesia letta su TLS e gliela mandai. Le piacque (conosceva un po’ l’italiano, aveva una nonna ligure) e mi incoraggiò a intraprenderne altre. E così la nostra collaborazione iniziò, e la nostra amicizia pure. Venne parecchie volte in Italia, insieme partecipammo a vari festival di poesia, feci visitare a lei a al marito Peter Lucas molte belle località italiane, li portai in barca a remi sul Canal Grande. Andai a Durham, dove viveva, e trascorremmo alcuni giorni visitando le località del nord dell’Inghilterra che amava e che avevo conosciuto tramite le sue poesie. Un’amica mi pregò un giorno di chiederle un’opinione (per un paper che stava scrivendo) sul tema della traduzione di poesia femminile. Mi rispose così:
“Cara Carla, non mi piace l’idea di separare i poeti in maschi e femmine. Ma posso dire che non ho nulla in contrario a essere tradotta da te perché, indipendentemente dall’essere entrambe donne, siamo così tanto in sintonia, sulla stessa lunghezza d’onda emotiva e mentale. L’esperienza di essere tradotta mi ha insegnato molto su come la lingua italiana e quella inglese differiscano ma anche abbiano radici comuni, nel latino, in Europa. Anche se non è possibile tradurre esattamente in italiano i suoni, i ritmi e i significati di una poesia inglese, è possibile creare o ricreare le idee e le immagini di una poesia inglese in una italiana. Se agisce un processo creativo da entrambe le parti (come avviene sempre lavorando con te), la traduzione è un’esperienza che arricchisce e accresce la sensibilità. Penso sia quello che è accaduto a entrambe noi”.
Posso dire che davvero lo è stato.
An Old Poet’s View from the Departure Platform
(On my eightieth birthday)
I can’t like poems that purposely muddy the waters,
That confuse in order to impress;
Or slink to the page in nothing but stockings and garters
To expose themselves and confess.
I wince at poems whose lazy prosodical morals
Beget illegitimate rhymes.
Instances of incest, singulars mating with plurals,
Are not minor errors, they’re crimes.
I wave off turbulent poems in which reason and feeling
Stand off like water and oil.
As if prose were for sense, poems for howling and squealing,
Steam-events thinking would spoil.
Professional poems in incomprehensible argot
Unsettle me more and more-
Words about words about words to pamper the ego
Of some theoretical bore.
I gaze over miles and miles of cut up prose,
Uncomfortable troubles, sad lives.
They smother in sand the fire that is one with the rose.
The seed, not the flower survives.
L’opinione di una vecchia poetessa dal binario di partenza
(Nel mio ottantesimo compleanno)
Non riesco ad apprezzare le poesie che vogliono l’acqua intorbidare,
Che confondono per impressionare;
O che ancheggiano sulla pagina con null’altro addosso che calze e giarrettiere
Per confessarsi e per mostrare.
Arretro di fronte alle poesie le cui prosodiche lasse morali
Generano versi adulterini.
Casi di incesto, accoppiamenti tra singolari e plurali,
non sono errori veniali, sono criminali.
Allontano le poesie in fermento dove ragione e sentimento
Come olio e acqua non si voglion mescolare.
Come se la prosa fosse deputata al senso, le poesie ai gemiti e al lamento,
Effusioni fumanti che il tocco del pensiero potrebbe rovinare.
Le poesie professionali in gergo misterioso
Mi mettono sempre più a disagio -
Parole su parole su parole per gratificare l’ego
Di qualche teoretico barbogio.
Osservo costernata chilometri e chilometri di sbrindellata prosa,
Vite tristi, fastidioso dolore.
Soffocano nella sabbia il fuoco che è il cuore della rosa.
Il seme sopravvive, non il fiore.
Da Le vie delle parole, 2018, Interno Poesia Editore, traduzione e cura di Carla Buranello.