GABRIELLA MONGARDI
«E pensare che tutto è qui davanti» – e la poesia di Milena Tagliavini (Ricognizioni, Ladolfi editore 2020) cerca strenuamente, ostinatamente di tradurre quel “tutto” in ritmo, danza di parole, canto…
«Adoro parlare di cose da toccare / e di pensieri che sarebbero / morti se lasciati soli./ Adoro scrutare il reale»: da questa passione per le “cose da toccare”, da questo bisogno spasmodico di “scrutare il reale” nasce nella poetessa l’impulso a scrivere per non impazzire. «Tutto divaga, ma una meta ce l’ho / - se no m’impazzirebbe il vivere -: / entro nell’arabesco e ne esco / come una riconciliazione.»
Di qui la grande ricchezza tematica e la proteiforme varietà di stili di questa raccolta, composta da ben quattordici corpose sezioni (La vita, Il sociale, La città, Lo stare, La morte, Le femmine, I maschi, I bambini, L’amore, Il ballo, Gli animali, Metapoesie, Il mare, Auguri), ognuna delle quali potrebbe costituire un libro a sé, tanto è densa e profonda la scrittura “enciclopedica” di Milena Tagliavini.
Chi si domandasse perché l’autrice ha affidato ai versi e non alla prosa la comunicazione dei risultati delle sue “ricognizioni”, trova la risposta nella lirica Sovrasensi, che apre la sezione “Metapoesie” («Perché non un romanzo / con la verosimiglianza - la cosa sfuggita dai versi / che escono di bocca – e la storia: / una coperta di corpo steso grande / sopra ciò che scappa, / un cappotto dignitoso sulla nudità. // Ma a me non va di perdere tempo / a fabbricare concatenazioni, anelli in realtà inesistenti»), e soprattutto in Non avrei voluto.
Non avrei voluto sporcare le parole
di realtà minuta, ma questa è la mia vita
che con urla, con urla mi chiama
e per sé reclama la parte che le spetta.
È una grossa fetta di energia
dove il divagare testardo si blocca
su ogni piccola cosa
finché non la riscrivo da vicino.
Forse la vita è proprio nel richiamo
della pesante tenerezza
che non mi fa volare via dal vero
ma mi porta lontano a un viaggio
intorno alla mia stanza.
In questi versi la tensione parole/vita è massima, è una dialettica senza vie d’uscita: quello della vita, della “realtà minuta”, è un richiamo irresistibile per la poetessa, che non può far altro che “riscrivere da vicino ogni piccola cosa”, assumendosi consapevolmente il rischio di “sporcare le parole”, pur di non “volare via dal vero”. Nello sforzo sovrumano di aderenza al vero le parole sono strumenti da maneggiare con profonda originalità, per disincrostarle dalle convenzioni, dal logorio dell’uso quotidiano e donar loro una nuova verginità, che possa metterle in contatto autentico con le cose. Ma le cose non sempre rispondono: «Mi sentivo muta come se la casa / dicesse solo: “casa” e “polvere” la polvere. // Ogni cosa stava ferma in sé: / il libro, il leccio, il cigno ignorandomi»; lo sforzo è frustrato, ma non per questo la poetessa rinuncia alla sua ricerca, che è ricerca di senso.
Scriveva Pedro Salinas (Amiga, 1929): «Per cristallo ti voglio, / sei limpida, sei chiara. / Per contemplare il mondo / attraverso di te, puro, / di bellezza o fuliggine, / come il giorno lo fa. […] Trasparente cristallo, non mai specchio». Questo sono le poesie di Milena Tagliavini: cristalli d’amore per la vita in tutte le sue sfaccettature.