MADDALENA POLEGGI e GABRIELLA MONGARDI
La luna e la montagna
Stanotte la luna è entrata in camera da letto e ha disegnato una finestra sul mio cuscino.
Non si è posata sul comodino, sopra il libro di racconti di montagna che mi aveva ammaliato. Non si è posata neanche sul letto adiacente, dal quale proveniva un respiro regolare di sonno profondo.
Quel raggio lunare puntava dritto su di me, sul mio viso arrendevole.
Mi sono messa a sedere sul letto, restia a uscire dalle coperte calde. L’ho vista, piena com’era, perfettamente incorniciata nel riquadro più alto dell’infisso di legno chiaro. Traspariva al di là della tendina e aspettava tranquilla.
Uscita dalla camera senza fare rumore, ho aperto la porta massiccia che dalla cucina si apre su un fazzoletto di prato affacciato sulla corona delle Alpi.
Non ho calzato scarpe, se era un sogno non servivano, devo aver ragionato sulla soglia. Lei era di fronte a me, emanava un chiarore magico e assoluto. Tutto intorno a quel cerchio bianco perfetto c’era solo notte. Neanche un lieve fruscio, nessun movimento, solo la polvere di stelle che scendeva piano. Ho deciso di spingermi fuori dalla casa. Una volta toccato il prato umido con le mie calze sottili ho messo a tacere una leggera inquietudine figlia legittima di quelle ore piccole e strane.
E ora? Di colpo un’intuizione. Trepidante ho voltato la testa piano. Cercavo il monte Bersaio, che col suo profilo rugoso si ergeva immobile e rassicurante dietro la casetta che ci ospitava.
Una montagna fiera e fotogenica, che da giorni ammiravo disegnarsi maestosa sulla tela azzurra del cielo alpino, con i suoi intricati percorsi rocciosi che si sviluppano in due cime distinte e sorelle al di sopra di un gonnello vegetale di pini e sottobosco.
Nel buio aveva dismesso gli abiti da cartolina. Nella sua nudità era trama opalescente, mostrava i suoi arazzi minerali rischiarati in ogni più recondito ripiego da quel pulviscolo di luna. I miei occhi non erano abbastanza grandi per contenerne la bellezza. Nessun apparecchio fotografico poteva catturarne la magia.
In quel silenzio, la luna e la montagna dialogavano di cose antiche.
Piccola fra loro, mi sono accucciata ad ascoltare, come i bambini quando sorprendono una conversazione fra adulti e vogliono strappare segreti. Capire non si può, ma raccogliere parole nuove che forse ci serviranno un giorno. E emozioni che non ci lasceranno più.
Anche l’oscurità intorno emanava messaggi suggestivi. Ho sospirato piano, sperando che gli spiriti della notte non scorrazzassero in vena di scherzi malvagi. In verità c’ero solo io a disturbare quell’incontro. Anche gli animali selvatici si erano ritirati per lasciarle sole: l’astro e la montagna.
Però forse la luna desiderava un testimone, altrimenti perché mi avrebbe chiamato?
Aveva forse intravisto i miei pennelli, gonfi di sogni come i miei desideri?
Quel disegno puro e delicato, i chiaroscuri assoluti, la sinfonia dei grigi minerali, le vibrazioni dell’aria e delle pietre. Forse tutto questo meritava un narratore o un pittore.
Grazie luna e perdonami se ho solo questo in cambio. Parole umane succinte e un foglio di carta bianca per scriverle.
***
Visitazione
Stasera la mia stanza è della luna,
non posso entrare –
cancellerei il disegno trasparente
che mi porta il suo messaggio d’argento –
stasera la luna ha preso dimora
nella mia piccola dimora –
ospite silenziosa e generosa
di spazio che dilata il mio respiro,
di luce che non è di questo mondo,
di pace sovrumana.
QUI la traduzione francese