GABRIELLA MONGARDI
È stata inaugurata sabato 6 maggio e sarà visitabile fino al 4 giugno, negli orari di apertura del ristorante-albergo “La Maddalena” ai Vernagli di Montaldo Mondovì, la mostra “Tra sogno e realtà, i due temi dell’assidua ricerca artistica di Francesco Russo Buròt”, per ricordare il poliedrico artista scomparso un anno fa. Curata dall’associazione Blu Genziana, la mostra è stata presentata dal poeta Remigio Bertolino, che ha evidenziato l’evoluzione dell’arte di Buròt, dal realismo impegnato degli anni Settanta alle ultime esperienze degli anni della pandemia, con i disegni a pennarello che sono una sorta di surrealismo nel segno dell’arte naîve e della creatività infantile.
Successivamente, è toccato a Claudio Bo presentare il libro di dello stesso Bertolino A filo di cielo (edizioni Gli Spigolatori, Mondovì 2023), un romanzo breve articolato in trentadue capitoli che in realtà sono dei poemetti, delle poesie-in-prosa, perché Bertolino, come Buròt, “svela le cose minute del quotidiano fasciandole di magia e di mistero”, grazie all’intensità poetica delle sue parole e delle sue immagini. Il poeta fa rivivere il pittore, immaginando che sia lui a raccontare vari episodi e momenti del suo soggiorno in montagna degli anni Settanta, da cui erano nate fotografie, sculture, incisioni ispirate a quel “mondo dei vinti” destinato a sparire per il richiamo della più comoda vita di pianura. Insieme, anche lui rende omaggio e testimonianza a una civiltà millenaria ormai al tramonto, di cui si sente discendente ed erede.
“La Montanara”, intonata da Franco Cattaneo, e la musica occitana del gruppo “L’Adrech” hanno suggestivamente incorniciato la manifestazione, scandendone i vari momenti e accentuando l’atmosfera di poesia e rievocazione.
La musica occitana era particolarmente adatta all’occasione, per ragioni geografiche e culturali. Infatti la val Corsaglia, dove si trovano i Vernagli, le altre vallate monregalesi e cuneesi fino alla valle Po e alcune valli del torinese (Pellice, Chisone, Germanasca, alta val di Susa) sono l’estrema propaggine orientale dell’Occitania, quell’ampio territorio che parte dai Pirenei e include le regioni francesi della Guascogna, Linguadoca, Limosino, Guiana, Alvergna, Delfinato e Provenza, dove si parlava nel Medioevo – e si parla tuttora – quella che Dante ha chiamato “lingua d’oc”, dalla parola che in quella lingua vuol dire sì, cioè appunto OC (da qui deriva l’aggettivo OCCITANO). La cultura occitana in Piemonte era quindi legata alla civiltà alpina e la musica, che ne era un elemento essenziale, sarebbe probabilmente sparita con lo spopolamento delle montagne – o sarebbe diventata un fossile da museo – se a partire dagli anni ’70 -’80 del secolo scorso (gli stessi di Buròt) non fosse stata riscoperta e rivitalizzata dalla passione e dalla competenza del poeta e musicista Sergio Berardo, che come Buròt è salito in montagna e ha interrogato i montanari per “salvare” la loro musica, continuando a suonarla.