SILVIA PIO
È per me che ti scrivo
Ero qui con le solite cose
come niente fosse accaduto
come avessi già tutto pagato
È per me che ti scrivo
per parlare
e lasciare quei gesti normali
Da allora ne ho fatta di strada
di pianto
e adesso è silenzio
Chi lo sa cos’è meglio
Adesso davvero ti ho perso?
Che n’è dell’immagine mia
di quei fiori seccati?
Sei libero adesso
da casa, da sogni e TV
da pesi, da me
Puoi ancora pensarmi?
Ma non ti disturbo
sei sulla tua strada
Lo eri anche prima,
l’avevo capito ma resta
un qualcosa non detto
Puoi ancora sentirmi?
Ti libero in aria
come chiaro aquilone
adesso son io che lo dico
Potrei ancora chiamarti
tirarti col filo
ma so. Lo fanno quegli altri
non io. Non faccio rumore
ma un urlo potrebbe aiutarmi
Eppure ti lascio
con la mano saluto
e tento un sorriso
Incontrarti di nuovo
questa volta davvero
un amico vicino
Ho pensato alle cose che vanno
e alla nostra memoria
Ho pensato a qualcosa lontano
e ho capito l’oblio:
adattarsi dei cuori
Affollare e fingere di non sentire
dal terrore farsi fregare
Io, non tu, non più
M’illudo se penso
che ancora ci sei?
Ci sono, dicevi
Ogni cosa è al suo posto
Fa freddo e le nuvole arrivano
Era estate e il sole
portò a noi un dolore
come fosse un regalo
Ma il clima non conta
ed è luce quello che ora ti dono
Torneresti con gli stessi tuoi occhi
la parlata, le spalle diritte?
Scriverei all’infinito
per tenerti vicino
davanti allo squarcio di notte
della nostra collina
Ma tu devi volare
abbandono anche il filo
e il mio alito sale
a gonfiarti le vele
come barca del cielo
Io ho ancora da stare sulla terra
Aquilone senza filo del passato
muovi un poco
a indicarmi la strada
Le parole sono ancora per te
e forse accompagnano il volo
Vai tranquillo, nel vento
Sta piovendo e sembra che lavi
la polvere e il male
Presente perfetto
e tu in ogni dove
e io senza catene
Il vento ora viene
parlando una lingua che il cuore capisce
e soffiando comanda
che sia un giorno leggero
che sia vita fluente
ancora e sempre
nuova
La tua vita, la mia
La notte va avanti
e mi fa compagnia
Benedetta, ripara
dagli occhi curiosi
Compagno sei tu
La notte continua
e scandisce il silenzio
io cerco qualcosa rimasto
un sospiro che scaldi
un mezzo sorriso
M’han detto che tu sorridevi
ma io non ci vedo lontano
Contavo i tuoi anni
sui mattoni di casa
E adesso chi taglia la siepe?
La mia
ora cresce rabbiosa
e l’erba è ribelle
Il tuo prato è perfetto
ma il mio
è quello d’un vivo
Mi salvo pian piano
mi allontano, respiro
ma non sento di meno
La mia notte respira
il rubinetto rintocca
ticchetta il mio cuore
Rimbomba nel buio
dolore
Da “Il tuono che tace”, Albatros Il Filo, 2009.
(Foto di Bruna Bonino)