SILVIA PIO (a cura)
L’area attraversata dal Tanaro e dai suoi affluenti è stata spesso funestata da alluvioni. L’evento del 1994 ha segnato un cambiamento particolare nella consapevolezza delle persone e nell’attenzione alla manutenzione degli alvei, evitando che si ripetessero gli stessi tragici danni di quell’anno nelle alluvioni che puntualmente si sono succedute.
Il ricordo di chi ha vissuto l’esperienza è rimasto immutato nel tempo, tanto da far nascere non solo commemorazioni nelle ricorrenze ma anche opere come questa che andiamo a presentare, uscita quasi trent’anni dopo.
Si tratta del romando Ciò che rimane di Graziella Dotta (Primalpe 2023), che si apre il 4 e 5 novembre 1994, sotto una pioggia battente, con diverse storie famigliari accomunate dalla stessa tragedia che sta per colpire il loro territorio. Quella di Elena, protagonista femminile, che vive a Farigliano, e di suo nipote Christian; quella di Serena, ragazzina che durante l’alluvione si trova a casa dei nonni ad Ormea, di Paola, impiegata presso lo stabilimento Ferrero di Alba e volontaria del Centro Studi Cesare Pavese a Santo Stefano Belbo, di Giorgio, alpino addetto alla coordinazione dei soccorsi, che trova l’amore destinato a segnarlo a vita, di don Mauro, sacerdote in visita presso la Parrocchia di Ceva, di Elio, ventenne di Piozzo che assiste impotente alla morte di alcuni amici.
Dalla prefazione della prof.ssa Ornella Donna: «Graziella Dotta, con grande abilità stilistica e di narrazione, prende a prestito tale doloroso evento per raccontare storie umane, partendo dall’assunto per cui: “Ogni persona ha una storia da raccontare.”
(…) Sono storie di vita sofferte, caratterizzate da un dolore sempre aperto, nell’animo e nella terra. Graziella le fa proprie, e le racconta con uno stile fine e ricercato.
Ciò che rimane è anche un viaggio in quelle terre così martoriate, da Ormea a Garessio, a Santo Stefano Belbo, a Piozzo, a Clavesana, a Ceva, condotto con perizia narrativa e ricerca meticolosa. Una lettura che è narrazione di vita, … da una scrittrice che sa scavare nell’animo umano, e trovarvi la bellezza dell’amore in tutte le sue importanti declinazioni. Un romanzo che è anche intrinsecamente esempio di operosità umana e di voglia di reagire condotta da uomini e donne straordinarie, tali da assumere le sembianze di eroi senza tempo.»
Come introduce la Dotta, i fatti descritti nel romanzo non hanno una valenza storica, l’autrice si limita a ambientare la vicenda in un periodo tragico adattando tali fatti alle esigenze narrative. Ogni riferimento a fatti o persone reali è da considerarsi casuale.
I capitoli sono inframmezzati da voci che sono verosimilmente quelle delle vittime «e rappresentano soltanto un libero omaggio dell’autrice nei confronti di coloro i quali hanno pagato il prezzo più alto. La scelta di citare solo alcuni di loro è dovuta esclusivamente a esigenze editoriali, non vi sono mai, in nessun caso, vittime di serie A e vittime di serie B, ma soltanto vittime che non avrebbero dovuto essere tali. Questo romanzo è dedicato a loro.»
La seconda parte del libro si svolge nel 2019, in occasione della commemorazione per i 25 anni dalla grande alluvione, a Clavesana, dove ritroviamo alcuni dei protagonisti, con il loro carico di vissuto. Giorgio vuole «uccidere un rimpianto», Elena seppellire il passato. Serena è alla commemorazione di Ormea, ma la sera raggiungerà Christian per la fiaccolata. Paola partecipa perché è giusto ricordare. Don Mauro non potrà esserci, ma sta pensando ad un ritorno. Elio non ci va, perché «la vita deve andare avanti.»
E le loro storie continuano anche l’anno seguente, quello che nel mondo reale sarà l’anno della pandemia, ma che nel mondo inventato di questo romanzo sarà quello dell’epilogo.
Come dice la frase che introduce il titolo, ciò che rimane della «furia del Tanaro» è l’«intreccio della vita» e delle vite di tutti i personaggi.
Terminiamo con un brano di Filippo Bessone, citato nelle prime pagine del libro. Credo sia una canzone visto che l’autore è un noto musicista/cabarettista dell’area monregalese.
L’ALLUVIONE
Aspetti, aspetti, aspetti, ma poi bisogna partire
Ma partire per andar dove?
Piove e c’è acqua in ogni dove
E piove, cazzo se piove
Salire, continua a salire
E noi saliamo sul tetto, si scivola e piove e il cane non vuole
Lo sanno che siam qui, lo sanno
Qualcosa faranno, lo sanno, verranno
Ma come faranno, che piove e l’acqua è in ogni dove
Verranno, vedrai che verranno!
Prendi qualcosa, del cibo, quello che trovi, forza ti muovi?
Che qui sta salendo e il rumore è tremendo
L’acqua ci sta attraversando, speriamo che tenga
Le fondamenta son sopra dei pali, dai forza su Sali, tieni anche il gatto
Reggerà? Ma per quanto? Siamo qui già da ieri!
Non ricordo se stavo pregando
Quando ho visto i pompieri.
Videointervista all’autrice: