PAOLO LAMBERTI
Nel 1947-49 centinaia di migliaia di Palestinesi abbandonarono le loro case, sotto la duplice spinta delle promesse degli stati arabi di un pronto ritorno e sotto la pressione del nascente Israele, impegnato nella lotta per la sopravvivenza.
Negli anni dal 1945 al 1950 milioni di tedeschi furono cacciati dall’Europa dell’Est, ucraini fuggirono dalla Polonia e polacchi dall’Ucraina, italiani abbandonarono la Jugoslavia, cinesi fuggirono dall’avanzata di Mao, la partizione rese profughi milioni di indù e musulmani, e poi iniziò la guerra di Corea. Senza contare le centinaia di migliaia di ebrei cacciati dai paesi arabi, che Israele accolse come fece decenni dopo con più di un milione di ebrei ex URSS, che purtroppo portarono con sé l’eredità sovietica di autoritarismo, ultranazionalismo e fondamentalismo.
Di tutte queste displaced persons, nei campi profughi rimangono solo i palestinesi, nel frattempo decuplicati in numero a dispetto delle ripetute proteste di genocidio; nonostante la grande nazione araba, l’Umma islamica, la fratellanza musulmana ed altra retorica consimile per loro non c’è stata accoglienza, se non come manodopera da sfruttare: hanno trovato più spazi in Occidente.
Ai vari regimi arabi ed islamici la causa palestinese conveniva per meglio dominare i loro popoli spostando la rabbia per governi tanto crudeli quanto corrotti verso Israele e l’Occidente, come dimostrano Saddam Hussein ieri e l’Iran oggi. A potenze come URSS e Cina era un’occasione per penetrare in Medio Oriente: la Cina oggi guarda Ucraina e Medio Oriente e pensa: next stop Taiwan.
In queste condizioni Israele si è ben guardato dall’agire, anzi nella deriva dal sionismo laico all’emergere degli ultrareligiosi ha portato dall’occupazione all’annessione strisciante, al progetto di una pace senza palestinesi; si può dire che Israele si sta adattando al Medio Oriente, dimenticando l’Occidente.
Quanto alle varie leadership palestinesi, ad ogni svolta storica hanno fatto la scelta peggiore: filofascisti e filonazisti nella II Guerra Mondiale, filosovietici nella guerra fredda, hanno scelto il terrore intrallazzando con terroristi rossi e neri, hanno applaudito Al Quaeda e sono passati dal marxismo (sui generis) al fondamentalismo. L’unica logica è quella che il nemico del mio nemico è mio amico; cui si può replicare che l’amico dei miei nemici è mio nemico, e non si vede perché meriti solidarietà.
Intanto governavano i palestinesi tra continue guerre civili, usando la violenza con gli oppositori, chiedendo il pizzo sugli aiuti umanitari e distribuendoli agli amici degli amici, mantenendo la popolazione nella povertà e nell’ignoranza. Per noi italiani qualcosa di familiare: i metodi mafiosi.
Un’unica costante attraversa i decenni, la volontà di cancellare Israele, massacrando gli ebrei o buttandoli in mare o, i più moderati, permettendo loro di sopravvivere in uno stato palestinese, magari pagando la tassa degli infedeli (tutte le religioni amano le decime). Naturalmente in Occidente si pensa che sia propaganda, come si è già fatto quando Hitler scrisse nel Mein Kampf che voleva distruggere la democrazia, cancellare gli ebrei e dominare l’Europa: tutta propaganda, infatti.
Ma i benpensanti continuano a chiedere ad un Israele sempre più mediorientale di fidarsi, sperano nei due stati, o per ingenuità da mondo di Heidi o per indifferenza; e molti, non solo i rossobruni che finalmente riuniscono i fratelli separati, radicalismo di sinistra e di destra, ma anche tante persone per bene, sotto sotto riuscirebbero a sopportare un altro olocausto.
Non è comunque un caso che il giorno più nero per Israele sia avvenuto sotto il governo più a destra di Israele, mentre la destra israeliana ha per decenni ignorato, quando non incoraggiato, l’estremismo islamico, per miopia o forse per inconscia affinità. Netanyhau ha diviso come non mai Israele con la pretesa di cancellare l’indipendenza della magistratura, per evitarsi le accuse (sembra fondate) di corruzione; e poi ha spostato le truppe in Cisgiordania per appoggiare i coloni, che, essendo in gran parte fondamentalisti ebraici, vivono a spese dello stato ed evitano il servizio militare con la scusa di studiare la Torah; così a morire vanno i laici.
Ora Israele si trova davanti al tipo di guerra più difficile: espugnare un’area urbana fortificata; da Ortona a Stalingrado a Falluja la ricetta è sempre la stessa, bombardare massicciamente con aerei ed artiglieria, poi mandare avanti carri e fanteria, e cominciare a contare i propri morti; forse droni e intelligenza artificiale ridurranno le perdite, e persino le vittime civili; forse. A ciò si aggiunge che Gaza è uno dei luoghi con la maggior densità demografica, quindi le vittime civili saranno numerosissime, anche perché non solo Hamas si guarda bene dal combattere in aree scoperte o dall’evacuare i non combattenti, ma si è fortificato proprio nelle aree più densamente popolate, tra condomini, ospedali e scuole. E tra i civili molti saranno i bambini, poiché Gaza è uno dei luoghi con la più alta natalità, più di 5 figli a donna, poiché per Hamas le donne sono le fattrici per produrre più reclute per l’arma demografica: 8 milioni di AK47. Poi si aggiungono i prigionieri israeliani, che verranno usati sia come scudi che come moneta di scambio, visto che in Occidente le singole vite di rapiti dai terroristi sono assegni finanziari e politici (mentre in Italia è vietato pagare riscatti se i rapitori sono nostrani).
Schiacciare Hamas, avere poche perdite, risparmiare i civili e salvare gli ostaggi è possibile: nei film di Rambo. Questo per quanto riguarda Gaza; poi bisogna guardare alla Cisgiordania, al Libano di Hezbollah, all’Iran, il grande burattinaio che più massacra il suo popolo, più fomenta guerre e terrorismo, più si riarma, più prospera. Come dice una maledizione cinese, che tu possa vivere in tempi interessanti.