Chi bada alle badanti? (seconda parte)

piatti misti

GIULIANA MANFREDI

(La prima parte si trova qui e la terza qui)

MAI PIU’SOTTO I 40 ANNI

Ancora una volta, con l’acqua alla gola, ho trovato la badante – o presunta tale – a 7 giorni dalla mia partenza che sarebbe durata circa un mese. Il fatto è che inizialmente tutte vogliono conquistare il posto e sembrano quelle che non sono. Ma già dalla prima sera i miei nervi, stavolta, erano saltati. L’alternativa sarebbe stata, però, non partire. La numero 9 era di bella presenza (tipo Jessica Alba, per intenderci), ma giovanissima. Ha millantato, comunque, di avere esperienza come badante. E, in realtà, almeno un mese aveva sostituito la madre che era partita per il paese d’origine. Sia io che mia sorella le avevamo prospettato la pesantezza del lavoro (più che altro per la noia, in effetti), ma lei, tetragona, ha detto che sapeva quel che faceva. Ha ripulito la casa da cima a fondo, vetri e stipi inclusi. Ma tutto questo è durato solo 7 giorni. Intanto, la sera dell’insediamento, mi ha chiesto di scendere giù a prendere le sigarette che le aveva portato il ragazzo ed è risalita dopo ben 40 minuti, trascorsi a slinguazzarsi col fortunato sul gradino di un palazzo di fronte. Io ero già fuori di me, immaginando l’andazzo per le sere a venire, in mia assenza. Le ho parlato chiaro, quando è risalita, e le ho ribadito di pensare bene al lavoro che l’aspettava. Mi ha assicurato che non sarebbe successo mai più e mi chiedeva scusa. Non è più successo per i 6 giorni successivi, ma non so quanto poi abbia mantenuto la promessa. Durante le mie tre settimane di assenza, la giovanotta ha fatto i suoi comodi, ammonticchiando piatti, pentole, posate e bicchieri nel lavello e slip, canotte, vestiti, calzini e calzature nel bagno da lei usato. Non solo, a dispetto di tutte le raccomandazioni sui gatti, da me amatissimi, un giorno ha perso di vista uno dei due felini dalle undici di mattina e il meschino è stato ritrovato da mio nipote, passato per caso verso le 18, in terrazza. Dopo una giornata in cui c’erano stati circa 40°! Fortuna volle che era tutto intero e non rinsecchito a mo’ di segnalibro. Ogni fine settimana accadeva qualcosa per cui dovesse uscire (i suoi pomeriggi liberi erano martedì o mercoledì e venerdì, come da accordi), o quanto meno provasse a farlo: una zia partiva e voleva aiuto per le valigie, o doveva salutarla, o si era allagata la casa e la padrona di casa era scivolata per le scale. Usava i miei cosmetici, dal fondotinta al copri occhiaie, dallo smalto al balsamo, zampettando variamente nell’armadietto del mio bagno personale. Per tacere delle ravanate nei cassetti della mia stanza, a curiosare tra bijoux e monili d’ogni tipo. Nella fretta di curiosare mi ha anche rotto un Troll, trovato senza piedi. Peccato, però, che un piede lo abbia rimesso sul cassettone e l’altro non si è accorta fosse incastrato sotto il balcone. Ragion per cui, il Troll non era stato mandato in pezzi dai gatti che, notoriamente, non hanno la capacità di sollevare una statuetta fin sul mobile. Un’altra caratteristica era quella di ricevere continuamente visite di amici (il suo ragazzo o il marito dell’amica o l’amica) che al citofono non dicevano neppure il proprio nome. E finanche una notte alle 2 (meno male che esiste il controllo sociale nei piccoli centri!) è scesa giù a portare non so cosa a due figuri che l’hanno contattata col telefonino. Nel frattempo, acquistato un tablet, trascorreva sempre più tempo a chattare ignorando la povera zia che non riceveva risposta ad alcun richiamo. Più volte sono state sottolineate le sue mansioni, ma era come parlare al vento. Il congedo è, però, avvenuto quando, uscita un sabato per un “battezzo” alle 14.30 non è rincasata alle abituali ore 20, e alle 23.30 non ha risposto né alla mia telefonata né al mio sms (in cui la invitavo a rientrare direttamente la mattina dopo perché andavo a coricarmi). Io, intanto, non sapevo cosa pensare. Bene, si è presentata alle 10 della mattina dopo, tranquilla come se nulla fosse. A quel punto le ho detto che non era il caso di proseguire il lavoro poiché del tutto inadeguata alla bisogna e che poteva restare fino al momento in cui trovavo una nuova persona. Il tempo di sistemarmi e uscire per pranzo, rilassarmi un paio d’ore e … mi chiama allarmatissima : la madre aveva avuto un infarto e doveva raggiungerla in ospedale! Scappo a casa e lei esce. Ebbene: a parte tre messaggi domenicali in cui mi diceva che parlava col dottore, che ancora non si sapeva niente e che avrebbe dormito là, non l’ho più sentita. E, chiamando al numero della madre (quello fornitomi dalla baby badante per avere notizie), mi ha risposto tutt’altra gente, seppur collegata alla ragazza (il solito accompagnatore devoto, o, perlomeno, così si è presentato). Che mi ha detto che la signora stava ancora male e non si sapeva la causa. Dopo tre settimane dalla sua sparizione, le ho inviato un sms per dirle di venire a ritirare la sua roba o altrimenti l’avrei portata ai cassonetti di raccolta. Non si è neppure degnata di rispondere. Ma l’ultima sorpresa risale all’arrivo della bolletta telefonica: sul conto, documentato dai numeri chiamati, risultavano ben 80 euro di telefonate fatte da lei a numeri di cellulari in momenti in cui io non ero presente. Un numero in particolare si ripeteva per 5, 6 volte di seguito e spesso negli stessi orari (che preludevano agli incontri davanti al portone). La mia rabbia cieca non ha avuto tempo e modo di sfogarsi, dunque.

Nel frattempo ho trovato una dolcissima signora ucraina che, volesse Dio, promette bene. È paziente, accurata, dolce, propositiva, ama cucinare (e lo fa bene), nei tempi morti lavora all’uncinetto, legge e guarda la tv. Parla sei lingue, ha due bellissimi figli adolescenti che vivono in Ucraina con nonni e zii e che sono il suo pensiero dominante. Nulla da dire, sul suo conto. Anche le referenze stavolta sono ineccepibili (e, soprattutto, documentate). Ben sappiamo che i primi tempi sembrano perfette o quasi (beh, non tutte, a dir il vero), ma voglio ben sperare. Sarà finalmente la volta buona?

IL DONO DELLE LINGUE

La zietta, alla sua tarda età, ha miracolosamente imparato il dono delle lingue. È capace di intrattenerci (me e gli altri nipoti) letteralmente per ore, raccontandoci le interminabili telefonate che intercorrono tra le badanti del momento e i fantomatici fidanzati, che sono sempre gli stessi. Nella sua sfrenata fantasia di centenaria sostiene di ascoltare le telefonate (in lingua originale), con «lo svergognato muratore» (in casa si sono avvicendati vari lavori di manutenzione e lei è convinta che uno degli operai sia un latin-lover e si fidanzi con tutte le badanti che hanno costellato la nostra casa) che le tenta e le lusinga, invitandole ad uscire con lui, a cucinare per lui e, infine, a svaligiare la casa per lui. In realtà, da casa non è mai mancato neppure uno spillo. Ma lei racconta e infarcisce di dettagli così minuziosi questi falsi dialoghi che a volte ti viene il dubbio che li abbia ascoltati davvero. E ripete sempre allo stesso modo gli stessi episodi, per ore e giorni, senza stancarsi. Sono gli altri a essere stremati.

Il GRAND GUIGNOL

Le visioni della zia attingono a svariati repertori di cui disconosco l’origine. Non ha mai letto libri horror né splatter, né tantomeno ha visto film del genere. Eppure, tra le più frequenti immagini che descrive in diretta ci sono ferocissime uccisioni di piccioni, scene di disgustosi pranzi in cui si ingurgitano questi piccioni ancora palpitanti e provvisti di becco, con indosso penne e piume; vivisezioni di gatti (non i nostri, suo tesoro prezioso, di cui è gelosissima) e di altri strani animali «che lei non conosce». Ultimamente ha introdotto i falò di gatti e i gatti al forno. Altro suo incubo è l’invasione di animaletti che le saltano sulla testa e sulle braccia e che vede dappertutto. Le figure umane che si aggirano per casa nel suo immaginario spaziano, invece, dall’operaio latin-lover (coccolato e vezzeggiato dalle badanti, ma da lei descritto come sfrontato e maleducato) a una folla di donne che le fanno molta compagnia, ma che «purtroppo, non le rispondono mai». Lo sfrontato operaio avrebbe addirittura attentato alla sua vita, lanciandole due bombe che hanno fatto tremare la casa dalle fondamenta e terrorizzato fino alle lacrime una delle donne immaginarie che da quel giorno non si è più palesata. Due figuri non meglio identificati hanno, secondo lei, rubato, in contemporanea, lavatrice, lavastoviglie e ben due televisori. E lo racconta a tutti i parenti e le amiche che vengono a trovarla. Tra le amiche, non proprio in verde età, qualcuna ci crede e strabuzza gli occhi preoccupata, ma io le tranquillizzo, mimando che trattasi sempre di visioni della mente. A volte, nelle sue ire, viene inclusa anche la sottoscritta. Che distribuisce gli averi della zietta (prevalentemente mutande, canottiere e vestiti) alle badanti o agli estranei. Può capitare che tra i beni sparpagliati al vento ci siano credenze, sedie, tavolini, bacinelle, il sapone per il bucato fatto in casa, cassettiere, bauli… Tutto è al proprio posto in realtà, ma lei, essendo cieca, non riconosce i pezzi al tatto e dice che non sono gli originali. Quando la giornata inizia con il ricordo dei “furti”, mala tempora currunt… il malumore serpeggerà fino al pomeriggio e si placherà solo con la recita del rosario quotidiano.

THE BURIED

L’età, la cecità e la cocciutaggine della mitica zia contribuiscono a una serie di monomanie. Tra quelle relative ai luoghi in cui trascorre le sue ore, c’è la sindrome della sepolta viva. Non avendo la percezione degli spazi, è convinta di essere stata relegata in una … nicchia, senz’aria e senza luce, in cui viene rinchiusa per la notte. La stanza che occupa è la stessa da ben 21 anni, ma lei, pur tentando noi di farle riconoscere mobili e suppellettili, ritiene di trovarsi in uno stretto budello in cui morirà soffocata. A volte va a letto tranquilla, altre volte si carica d’ansia e blatera sull’argomento nicchia per circa un’ora, fino a quando, cullata dalle sue stesse parole, viene vinta dal sonno.

VOCE ‘E NOTTE

Non so mai se e quanto dormirò la notte, giorni di vacanza inclusi. Col buio la fantasia della zietta si sbriglia alla grande e si possono ascoltare dialoghi senza risposta con una folla immaginaria che le invade la stanza e che durano ore. O, in alternativa, improperi contro i ladri del suo olio, del suo sapone per il bucato (fatto da lei anni orsono), dei suoi mobili, dei suoi vestiti. Oppure inviti accorati a sedersi o sdraiarsi in un posto della casa più comodo, rivolti a donne amorevoli che le tengono compagnia. Però non le rispondono mai e anche questo è motivo di agitazione. Nella migliore delle ipotesi si può ascoltare un lunghissimo rosario che inizia alle 4.30 del mattino. Appena comincia a far giorno e un leggero chiarore inonda la sua stanza (vuole assolutamente dormire con l’avvolgibile sollevato) partono i colpi di fintissima tosse che stanno a indicare: «Sono sveglia e pronta per cominciare la giornata. Venite a prendermi». Se non viene immediatamente esaudita, ecco partire le maledizioni contro chi la tiene prigioniera, si è scordata di lei e la ha abbandonata.Tosse e improperi possono durare ore e hanno termine alle 7.00, quando la giornata di tutti può avere inizio.

IO VEDO MEGLIO DI TE!

La zia, completamente cieca, è convinta di vedere. Pur continuando a portarsi il cucchiaio vuoto alla bocca, a ostinarsi che è colmo quando non lo è, a cercare piatto o bicchiere a tentoni sul tavolo, a volgere lo sguardo dalla parte opposta da cui arrivano suoni e voci, è ferma nella sua convinzione. Un giorno le ho proposto una oggettiva prova del nove che avrebbe smentito la sua testardaggine. Le ho chiesto di descrivere la badante in carica in quel momento, quella color ebano. In un primo momento ha tergiversato e allora le ho posto varie domande: «Bene, cominciamo: è alta o bassa?»
«È d’altezza normale»
«Grassa o magra? »
«Giusta»
«Porta gli occhiali? »
«A volte li mette, a volte, no»
«Ora stai molto attenta …. è bionda o bruna?»
E lei, «Non è né bionda né bruna!»
Non c’è niente da fare: lei ci vede benissimo!

(continua)

Foto di Silvia La Torre di Lamezia Terme, studente di Storia all’università di Firenze con l’hobby della fotografia.