GIANCARLO BARONI
Ho scritto diversi articoli sul rapporto fra poeti e pittori, versi e immagini. Ogni volta che leggo una nuova raccolta che ne parla, aggiorno le mie note e i miei appunti. L’occasione mi è offerta adesso dalla pubblicazione del volume intitolato Gli sguardi, forse (Book Editore, 2024, Note critiche di Alessandro Quasimodo e Roberto Sanesi) che mette a confronto poesie di Antonia Gaita con opere di Alfonso Borghi.
Ne Le acque della mente (Mondadori, 2016) Rosita Copioli parla della Madonna del parto di Piero della Francesca, della Vergine delle rocce di Leonardo. Continuando il suo viaggio fra i maestri dell’arte, incontra Claude Monet («Voleva l’involucro della luce / l’istante / il movimento infinitesimale / nascosto all’occhio nudo»); Pablo Picasso; Jackson Pollock…
Nella prima sezione di Un punto di biacca (La Vita Felice, 2016), Anna Elisa De Gregorio quasi si identifica con la lattaia protagonista della tela indimenticabile di Vermeer («Le mattine d’autunno, benedette / di luce, a Delft, valgono cento perle. / In casa adesso io sola sono sveglia, / puoi trovarmi in cucina / con il giallo corpetto e il viso assorto»); ammira la Deposizione di Rogier van der Weyden; spia dalla porta un affresco di Cimabue ad Assisi.
Roberto Rossi Precerutti, autore di Rimarrà El Greco (Crocetti Editore, 2015), si ispira alla magia e all’estro dell’artista spagnolo di origine cretese; la sua raccolta precedente, intitolata La legge delle nubi (Crocetti, 2012), si apre con una corposa sezione intitolata Un sogno di Lorenzo Lotto.
A questo geniale pittore, nato a Venezia e morto a metà Cinquecento a Loreto dove si era fatto oblato della Santa Casa, il poeta marchigiano Francesco Scarabicchi dedica un libro intitolato con ogni mio saper e diligentia (Liberlibri, 2013). Nei seguenti struggenti endecasillabi, Lorenzo viene raffigurato, vecchio e solitario, mentre ci fissa: «Vi guardo dal ciglio della storia, / dal limite concesso all’invecchiare, / dal mio silenzio che non ho salvato / per un’offerta al dio che mi trascura / in questa casa dove il vento volta».
I titoli delle poesie presenti nel volume di Elisabetta Sancino Collezione privata (puntoacapo editrice, 2020) coincidono generalmente con le opere artistiche di riferimento e con i loro autori; ad esempio Tersichore di Cosmè Tura; Madonna dei cherubini di Andrea Mantegna; Andrea Doria in veste di Nettuno del Bronzino; Giuditta e Oloferne di Artemisia Gentileschi; Contadini che seminano patate di Van Gogh; Faro a Westkapelle di Piet Mondrian; Nudo piangente di Edvard Munch; Il poeta che dorme di Marc Chagall. Non mancano gli autori italiani come Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Arturo Martini, Gino Severini, Lucio Fontana…
Dell’eccentrico pittore bresciano Gerolamo Romani detto Romanino, quasi coetaneo del Lotto, ci parla (nel dialetto di Sirmione) la poetessa Franca Grisoni in Croce d’amore (Crus d’amur): «Lui venuto fin qui a chiamarci / e tu, nostro Romanino pittore, / coi santi hai risposto / e i tuoi talenti». Questo volumetto, pubblicato da Interlinea nel 2016, è l’unico, fra i libri che ho nominato fin qui, ad essere arricchito dalle riproduzioni delle opere (affreschi e tele) a cui le liriche si ispirano.
Saggista, poetessa e appassionata di arte, Maria Adelaide Petrillo, nata in provincia di Pisa e parmigiana d’adozione, ha pubblicato nel 2020 un volume intitolato Correggio. Poeta di luce e colore. Spiega nelle Note introduttive: «potrà, spero, essere una piccola guida per chi desideri approfondire un po’ la conoscenza di questo grandissimo pittore. A conclusione del lavoro ho inserito qualche lirica che ho composto ispirandomi ad alcuni capolavori di Correggio». Fanno parte di una composizione intitolata Alla cupola del Correggio questi versi: «e d’improvviso un vortice di nuvole / mi avvolge e mi risucchia più su / dove si apre splendore di luce / e d’estasi qui e ora, / nell’oltre e nell’eterno».
Fra poesia e immagini sussistono un dialogo fitto, uno scambio reciproco, delle affinità riassunte nella celebre e suggestiva frase oraziana «ut pictura poesis» («poesia come pittura») e tempo prima nel motto attribuito al poeta greco Simonide «La pittura è una poesia muta e la poesia una pittura parlante». Fra dipinti e versi esiste un’attrazione irresistibile; è un rapporto però complicato, allo stesso tempo esaltante e tormentato, fecondo e teso. Pittura e poesia appartengono a due dimensioni artistiche e creative differenti, a volte fanno fatica a trovare il giusto accordo, una proficua e distesa sintonia. In certe occasioni la parola poetica entra in competizione con le immagini alzando il suo canto fino a tentare di sovrastarle; in altre abbassa sommessamente voce e toni.
La poetessa parmigiana Antonia Gaita, nella bella raccolta Ripetere il mondo (Book Editore, 2020), trova la giusta misura e fa dialogare poesia e pittura in modo rispettoso, senza che una delle due prevalga; pur mantenendo la propria identità e autonomia, ognuna rafforza e valorizza l’altra. A fianco della quasi totalità delle circa quaranta poesie che compongono il libro sono riprodotti i quadri dei pittori con cui ogni testo si confronta (Van Gogh, Monet, Morandi, Mattioli…). L’opera in copertina è di quest’ultimo; a lui, che è stato insegnante dell’autrice, il libro è dedicato.
“Ripetere il mondo” è uno dei compiti della letteratura e dell’arte, non esclusivamente nel senso di raffigurarlo, ritrarlo e imitarlo, ma più ampiamente e intensamente di ricrearlo e reiventarlo. Quando si riproduce più o meno fedelmente la realtà, la si trasforma: ogni nuovo punto di vista fa emergere aspetti inediti e originali delle cose, perché «le cose hanno un’anima, un volto una vita».
Con stile misurato, elegante e armonioso, Antonia Gaita sa condurci nel territorio dove poesia e pittura si parlano con discrezione. Succede sia in Ripetere il mondo sia nella recente raccolta Gli sguardi, forse (Book Editore, 2024, Note critiche di Alessandro Quasimodo e Roberto Sanesi). In questo raffinato volume (copertina cartonata, carta pregiata, illustrazioni nitide) si confrontano e dialogano fra loro 40 opere del pittore reggiano Alfonso Borghi e 40 poesie della poetessa parmigiana Antonia Gaita. Il titolo di ciascun quadro solitamente diventa quello della poesia che ne parla; si stabilisce così un immediato ed evidente collegamento fra testo e immagine. Le 40 illustrazioni si dispongono all’interno del libro approssimativamente in ordine cronologico: l’opera più vecchia è del 1967, la più recente del 2018. Sfogliando le 95 pagine, percorriamo con lo sguardo mezzo secolo di attività artistica di Borghi; nelle notizie che lo riguardano sta scritto: «Borghi è approdato ad una sintesi pittorica di indiscutibile coinvolgimento, passando dal figurativismo morandiano dei primi anni al surrealismo lacerante degli anni Ottanta, quindi a un astrattismo di impronta futurista nel decennio successivo. Oggi ha raggiunto una sintesi in cui un uso sontuoso e abilissimo della materia si associa ad uno straordinario senso del colore».
Intorno alle immagini del pittore reggiano germogliano le parole di classica compostezza della poetessa parmigiana, «scelte e selezionate ancora e sempre con un lavoro di intensa scrematura», sottolinea Alessandro Quasimodo nella sua nota critica. «Preferisce parole “sommesse”, Antonia Gaita», continua Quasimodo, «perché -dice- è meglio il fuoco mite della fiamma troppo vivace».
«Immagine e parola, / due volti dell’arte e un identico / potere evocativo», scrive Antonia proponendo così un giusto equilibrio fra le parti, un rapporto paritario. «Restiamo in ascolto / di colori che parlano. / Voci sommesse, percepibili / a un attento sostare».
(A cura di Silvia Pio)