LAURA BONFIGLIO
Il 3 agosto del 1924, 100 anni fa, moriva uno dei più grandi scrittori moderni, Józef Teodor Konrad Korzeniowski, che cambiò il suo nome in Joseph Conrad una volta naturalizzato britannico.
Scrisse tutti i suoi romanzi in inglese, che era la sua terza lingua, dopo il polacco, la lingua materna, e il francese. Nato in Polonia (che allora faceva parte, insieme all’Ucraina, dell’Impero Russo), da genitori irredentisti che morirono giovani lasciando Joseph orfano a soli 12 anni, fu adottato dallo zio che lo aiutò a scappare a Marsiglia, dove vide per la prima volta il mare.
In Francia capì che voleva diventare un marinaio e per gran parte della sua vita navigò in lungo e in largo per il mondo.
Da scrittore moderno quale era si occupò di migrazioni, di terrorismo, di colonialismo e di tensione tra il capitalismo globale e nazionalismo.
Prima di essere scrittore fu un marinaio: si imbarcò a 17 anni su una nave francese viaggiando per i Caraibi e poi su una nave inglese, le cui rotte erano l’Australia, la Malesia, l’Africa e l’India. Durante le lunghe traversate, lesse i libri che trovava a bordo, libri di avventure soprattutto, e cosi, parlando con gli altri marinai e leggendo quei testi, imparò l’inglese.
Si era imbarcato da mozzo ma fece una lunga carriera, diventando capitano; ad un certo momento della sua vita però decise di dedicarsi completamente alla scrittura e lasciò la Marina.
Scrisse di esplorazioni ed avventure di mare ma anche dell’animo umano, del mistero che ci accompagna e che è dentro di noi. In questo senso fu considerato uno scrittore moderno perché il modernismo aveva l’intento di sovvertire il modo della rappresentazione ricorrendo alla mitologia, all’antropologia, alla storia delle religioni, col distacco dell’artista dall’opera, che non deve essere espressione della sua interiorità, bensì una creazione perfettamente oggettivata e autosufficiente.
Un abbandono del naturalismo a favore di una sensibilità più in linea con lo spirito del tempo, cioè quello delle avanguardie artistiche europee del primo ’900.
Forse fu un uomo che vivendo a cavallo tra due secoli, non apparteneva né all’uno né all’altro. I maggiori rappresentanti del modernismo anglosassone sono stati il teorico del movimento T.S. Eliot, Virginia Woolf, William Faulkner, Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald. Il modernismo utilizzava un linguaggio misterioso, che esaltava i sensi, il suono, l’indagine di sé e del mondo, alla ricerca del significato di ogni cosa, per trovare verità nascoste nel profondo, valide per tutti, universali; il romanzo diventa l’unico genere letterario in grado di raccontare una storia articolata e difficile, che necessita di uno sviluppo lento, permettendo all’autore di esprimere la propria tesi. Gran parte della letteratura scritta in quegli anni fu influenzata dalle scoperte di Sigmund Freud, neurologo e psicanalista austriaco che agli inizi del ’900 scoprì l’importanza dell’inconscio, della libido (pulsione di vita) e della pulsione di morte; le azioni e i comportamenti dei personaggi di quei romanzi sono una conseguenza di conflitti interni alla psiche umana. Dare grande spazio al mondo interiore dei propri personaggi, raccontandone i pensieri, le fantasie, i ricordi, i sensi di colpa, rivelando a volte che costoro mentono a se stessi, perché non sono consapevoli delle proprie azioni o non riescono ad averne il controllo. Per questa ragione Joseph Conrad è un romanziere modernista ante litteram.
Nel romanzo Linea d’ombra, in una nota, l’autore ci tiene a farci sapere che il racconto non intendeva in alcun modo toccare la sfera del soprannaturale (come avevano inteso alcuni critici del tempo), convinto com’era che il mondo vivente comprendesse già molte meraviglie e misteri che agiscono sulle nostre emozioni e sulla nostra intelligenza in modo così inesplicabile da giustificare la vita come stato di incanto. Il nostro rapporto con la morte o con la vita riempie di terrore e di tristezza l’animo umano tanto da diventare un notevole oggetto di studio e di narrazione. In questo romanzo, da molti considerato un romanzo di formazione, l’autore ci vuole raccontare la fase di passaggio dalla spensierata e temeraria gioventù alla fase più consapevole e responsabile ma anche malinconica dell’età adulta. Dice lo scrittore “esistono eventi della nostra vita dei quali non abbiamo ragione di vergognarci, per esempio ricordo con piacere quel periodo della mia vita in cui i miei sforzi più grandi furono assecondati dalla buona sorte, cioè aver guidato un pugno di uomini che riposero la loro fiducia in un giovane capitano privo di esperienza, uomini che mi sostennero poi anche in una congiuntura molto avversa”.
Conrad è, senza dubbio, un narratore godibilissimo e significativo anche nelle età più mature, e la ragione era stata ben messa a fuoco da Italo Calvino nel 1959: “Amo Conrad perché naviga l’abisso e non ci affonda”. Il riferimento è rivolto a Heart of darkness (Cuore di tenebra), breve romanzo uscito a puntate su una rivista nel 1899, che presenta molti aspetti autobiografici in quanto Conrad navigò davvero lungo il fiume Congo a bordo del vaporetto Rois de Belges, così come i personaggi sono esistiti davvero, addirittura lo stesso Kurtz è stato ispirato da un agente della Compagnia coloniale inglese poi morto sul vaporetto. Marlow, alter ego di Conrad, racconta ad altri marinai di quando andò a sostituire un capitano morto ucciso dagli indigeni e per riportare indietro il signor Kurtz, molto malato e uscito di senno. Durante la navigazione, risalendo il fiume, Marlow vede l’orrore della colonizzazione da parte degli uomini bianchi e addentrandosi nel “cuore della tenebra” arriva alla stazione di Kurtz che viene per così dire addobbata da pali con le teste degli uomini neri che sono stati uccisi. A questi sacrifici umani Kurtz partecipa cibandosi dei loro corpi. Tutto questo viene riportato da un marinaio che sente Marlow raccontare e che sarà quindi il vero narratore.
Questo romanzo ci parla di un viaggio alla conoscenza di sé, e qui il riferimento alla psicanalisi è esplicito perché Freud riconosce nei sogni, i simboli e i segni di una realtà molto complessa, nascosta in ogni essere umano, che contiene l’orrore.
Ci parla del serpente, simbolo molto forte, che è la forma del fiume Congo ma anche simbolo del male, della tentazione di accumulare fortune a discapito di quei diseredati di indigeni, sfruttati e a volte violentati e uccisi. Ci parla di un viaggio nell’Africa nera ma soprattutto di un viaggio nel tempo perché si ha la percezione che il battello avanzando nelle tenebre stia andando a ritroso, fino ai primordi del Mondo per recuperare le origini dell’Uomo. La società occidentale non vuole accettare che il male non è tanto in Africa ma nel suo interno, accettare che la vita sia solo apparenza.
Questo romanzo ha ispirato il grande film di Coppola, Apocalypse now, ambientato in Vietnam, con Marlon Brando che interpreta Kurtz: la guerra, che rappresenta una spina nel fianco della storia americana, farà da sfondo al vero tema del film e cioè la ricerca del significato di determinate azioni degli uomini. Il male necessario (la guerra) e il libero arbitrio che suggerisce orrori fanno pensare al conflitto in maniera diversa.
Nel film il capitano Willard legge il dossier su Kurtz e non trova risposte alle sue domande di senso: il regista accompagna queste scene con la musica dei Doors, con i versi della canzone The end, cantata da un Jim Morrison particolarmente ispirato.
Quando Willard trova Kurtz capisce che non è la sua mente ad essere malata ma è la sua anima che è impazzita; è venerato come un Dio dagli indigeni e farnetica frasi apparentemente prive di senso ma che sono le risposte alle domande del capitano Willard:
He’s old
and his skin is cold
the west is the best
the west is the best
get here and we’ll do the rest
Il film è un capolavoro esattamente come il romanzo Cuore di tenebra o il cuore delle tenebre che dir si voglia.
Jack London e sua moglie, girando il mondo con un veliero, leggeranno Conrad guardando i tramonti sul mare. Anche Primo Levi e Mario Rigoni Stern lo apprezzarono molto. C’è una pagina di Lord Jim, che illustra bene il senso dell’etica civile di Rigoni Stern e della sua insofferenza per muri e confini: tutti gli alberi che Mario e i figli hanno piantato, un bosco di tigli, betulle, frassini, larici ed abeti non sono recintati: “Non importa dove ci si trovi. La virtù è la stessa in tutto il mondo, e c’è una sola morale, una sola condotta di vita, un solo modo di morire”. È una visione aperta e tollerante del mondo, c’è la consapevolezza di essere tutti parte di un’unica umanità, di essere tutti compaesani quando si condividono valori come la generosità, il coraggio, la sobrietà, il senso di giustizia, l’amore per la ragione e per la libertà.
C’è una frase in Se questo è un uomo dove Primo Levi ci avverte che se comprendere è impossibile conoscere è necessario: il lettore è posto di fronte una realtà brutale che non è mai dissimulata, per poter costruire una memoria incapace di dimenticare, e che per essere responsabili, bisogna conoscere.
Lo scrittore Primo Levi, nella prefazione de La ricerca delle radici, fa riferimento alla ricerca di un passato quasi fossile dove sedimenti su sedimenti siamo anche il nostro substrato culturale con l’aiuto dei libri che abbiamo letto e in questo humus non manca Conrad.
Virginia Wolf, quando dovrà scrivere il necrologio di Joseph Conrad, sottolineerà che in fondo era uno straniero chiamandolo ospite; nel contempo inviterà a leggere l’intera opera dello scrittore perché solo così si potrà capire quanto contino per lui l’onestà, la fedeltà e il coraggio. Scriverà che “ha perso il significato delle parole chi non sente in quei racconti quel suo essere orgoglioso, quella sua integrità anche se in apparenza si preoccupa solo di mostrare la bellezza di una notte sul mare”.
(A cura di Silvia Pio)