La dimensione occulta di Benny Nonasky

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Dalla presentazione della casa editrice

La dimensione occulta è composta da 22 poesie, in versi liberi o in strofe con verso sciolto, alcune suddivise in capitoli e numeri – in funzione di collegamento testuale o, come nel caso della prima poesia (Hippocampus Erectus. Un’introduzione), come linea di congiunzione tra sotto-poesie che racchiudono le tematiche del libro. Quest’ultime variano dall’ambiente, all’immigrazione, alle guerre, al Sud Italia, all’origine dell’universo e all’Io personale (come l’ultima poesia Il karma della ginestra) a quello amoroso (come Santa Marta di Betania). Tutti i temi sono saldamenti collegati da un linguaggio misto tra scientifico e lirico, non mancando di simbolismo e ritmo vocale. Molte poesie sono accompagnate da note per offrire al lettore ulteriori punti di riflessioni.

Da La dimensione occulta (Edizioni Dialoghi 2024)

La famiglia mia

I

Io non so se hai mai tenuto una bambola in mano
né se hai mai provato ad educare la rugiada
isola sulle tue ciglia – che ti stupisce,
che seziona le tue guance tremolanti;
ti conclude alla terra degl’orchi,
agl’insetti carnivori che controllano la ferrovia.

Forse avresti dovuto, pur se la tua lingua è
gocce di pioggia sterile: io non so se tu hai
mai provato a parlare con gl’insetti.
Magari avresti fermato il mondo.
Sciogliendoti dalle mani d’una madre nostalgica,
magari cadendo chissà dove,
(in un groviglio d’alghe malefiche;
in un letto di manganelli bellissimi)
magari avresti fermato il mondo dicendogli:
«Questo è un altro treno non mio. È di un
bambino più grande, quello che ha tutto qui.
Piange se gli tocchi i treni. Devo restare immobile.
Non voglio più sentire nessuno piangere.
Tu sai dirmi come si fa a smettere di piangere?».

II

Mio padre ha generato l’immortalità dai
suoi amplessi volgari. Viveva in un’arancia
sgraziata, priva di odore e discendenza.
Il mare batteva indomabile sull’innocenza
dei corpi sputati. Lui li raccoglieva per
fare una ghirlanda di morti. Ora tutti fanno
ghirlande di morti. Mio padre è diventato
un imprenditore di ghirlande di morti.

Mia madre è una parola muta. Esplosa viva da
un organo spento, nel cruscotto gravido di un
camion crudele. Lei divora sale e pentimento.
Incendia il sangue disposto in ordine alla
frontiera. Dove c’è l’ignoto, lei è
complice del destino. Mia madre è
una parola di resurrezione senza bocca. [...]

La dimensione

Catalitica la notte verso cui andiamo.
Dirimpetto ai mostri nel cervello,

catalitica la notte verso cui andiamo
pregando una luna alogena
come tracce d’un perdono –
le mani congiunte esalano gas
che ci fa morire dal ridere.

Ridono i pacchetti volanti di Crick Crock.
Ridono scuri elefanti petroliferi all’orizzonte.
Ride pure il piombo nella corteccia prefrontale.

Da lontano.
E mai così vicino.

Catalitica la notte e tonnellate
di auto in coda per un Big Mac
verso cui andiamo, pregando,
mentre radice vergine
sgorga dall’asfalto.

«Vuole vivere! Vuole vivere!»
gridano le rondini dall’alto.

Il campo

C’era un campo al di là dei ricordi.
Si prendevano le misure delle nuvole,
analizzavamo gl’insetti e occupavamo
ruderi di epoche eziologiche, tanto
per sopravvivere alla noia del luogo.

Io vivevo tra le mura antiche della
povertà: una stanza coperta dal cielo
e qualche nido di rondine. Per vivere
ci avevo messo un tavolo trovato
in cantina e qualche libro da edicola.

Quando qualcuno veniva a trovarmi gli
offrivo sogni d’accurata perseveranza.
Bisognava immedesimarsi, indirizzare la
bussola verso nord, inchiodare l’estate,
diventare fenomeni calcistici o svanire.

I vicini di casa masticavano la medesima
dispersione. Cosa cercare nel cataclisma
della mente quando fuori ogni cosa è in
ritardo? Abbiamo affisso orologi su ogni
parete per commemorare i nostri limiti.

I vicini di casa ogni tanto tornavano giù
in paese e m’invitavano a rovistare nella
loro dimensione, per certificare la necrosi
della favola. Osservavo le parole
scomparire, la liquirizia frinire. Perché?

Non sempre il vento trasporta. È lì, ti
tormenta le ossa. L’unico riparo sono le
mani in tasca, sbatterci contro. Lì niente
persiane: aeroplani di carta uscivano
come missili ad impollinare il mondo.

E ora i fiori sono parole non dette.
Strappati, hanno perso la loro solidità
nelle mie mani. È una battaglia muta.
Molte più croci che possibilità.
L’ultima riga o l’assenza che resta.

C’era un campo al di là dei ricordi.
Quando lo raggiunsi i resti delle case
erano intatte. C’erano ancora il tavolo
e i libri da edicola. Tutti ricoperti
di muschio, muffa, nostalgia e me.

Plutone

Sul soffitto della Terra
c’è un uomo che guarda le stelle.

Lui ama le stelle.

Misura la loro libidine
e quando una scia
squarcia il nero dell’impossibile:
tira la lenza,
impugna il retino:
lui colleziona stelle.

È il più grande collezionista di stelle.
Da millenni; ne ha un giardino pieno.

Si siede. Guarda. Attira.
Ascolta il deserto che ne consegue –

lui lo sa –

l’uomo è un sintomo del silenzio.
Implica un passaggio.
Devia la natura delle cose.
Torna sempre sconfitto
da un amore che non sa apprezzare.

Quell’uomo conosce la fine del suo cuore.

Si alza sul soffitto.
Spara un altro colpo.
Impugna il retino.
Impugna la notte.
Aspetta la morte.

Lui colleziona stelle.

*

Benny Rullo Nonasky (1987) è un poeta e performer calabrese, che da alcuni anni vive a Moncalieri (TO). Presente in diverse antologie (tra cui: Fili di Parole, G. Perrone Editore; Sotto il cielo di Lampedusa, Rayuela Edizioni; La nostra classe sepolta, cronache poetiche dai mondi del lavoro, Pietre Vive Edizioni), ha scritto e scrive per diverse riviste letterarie online come Nazione Indiana, Carteggi Letterari o Versante Ripido. Tra le sue pubblicazioni: “La dimensione occulta” (Dialoghi Editore 2024); “La città delle mosche” (Gilgamesh Edizioni, 2017); “Imàgenes Trasmundo” (Albeggi Editore 2012); “Vestito a nozze, carne e trenta lamette” (GDS Edizioni 2010); “Nelle trasparenze caotiche di nuvola perpetua” (Edizioni Montag 2009).

(A cura di Silvia Rosa)