SILVIA PIO
La solitudine può essere piacevole, desiderabile, facilitatrice di poesia, arte, idee e benessere, e persino felice.
In questa specie di dizionario alfabetico vogliamo elencare alcuni concetti che possono renderla tale.
Ecco la lettera D.
DESERTO
Soltanto chi è stato nel deserto abbastanza a lungo può dare un significato profondo, seppure personale, alla solitudine.
Nella vastità delle distese delle sabbie arabe o delle steppe asiatiche si resta sgomenti dell’immensità che ci circonda e ci risucchia, e della piccolezza, nostra e di tutti gli esseri umani davanti ad essa.
Per tradizione si va nel deserto per cercare proprio la solitudine, segno che ne è il luogo ideale. Altri elementi del deserto sono il silenzio, le asperità, la mancanza di agiatezza, e le emozioni private e imprevedibili che possono manifestarsi.
Da quando l’umanità ha sentito bisogno di trascendenza, in molti hanno cercato risposte nel deserto, in ascesi solitaria e pericolosa. Nella tradizione giudaico-cristiana le grandi teofanie dei Patriarchi e dei Profeti hanno come scenari gli spazi desertici dell’Oreb, del Sinai, del Carmelo. Nell’Esodo, il popolo ebraico viaggia nel deserto per quarant’anni, passando dalla schiavitù d’Egitto alla terra promessa. Nel Nuovo Testamento, il silenzio e la solitudine sono l’ambiente adatto per l’incontro col divino e Gesù ci passa del tempo a prepararsi, prima per la vita pubblica e poi per la morte.
E in seguito ci sono infiniti esempi di eremiti, asceti e anacoreti che hanno cercato l’isolamento in luoghi inospitali, scomodi, estremi. Queste tradizioni fanno parte della nostra cultura, che siamo o meno credenti, e sono interiorizzate nel nostro sistema di pensiero e azione.
L’Islam è addirittura nato nel deserto; Maometto viene da una famiglia di carovanieri e durante i suoi viaggi conosce l’ebraismo e il cristianesimo. La rivelazione della nuova fede arriva mentre è ritirato in preghiera su un monte pietroso e disabitato vicino alla Mecca.
Il deserto è pieno di insidie e di pericoli sconosciuti, dove è facile perdersi ed è molto probabile dover affrontare stenti, sofferenze, fame e sete. Eppure chi cerca il deserto per motivi spirituali, vuole ritrovare un se stesso diverso da quello nel quale più non si riconosce, e abbandonare le certezze, il benessere senza senso e il conforto delle cose conosciute. Vuole arrivare all’assoluto.
Solo i pazzi lo fanno, oppure i santi.
Ma senza essere né l’uno né l’altro, tutti abbiamo sentito almeno una volta nella vita il desiderio di lasciare la routine consueta e ritirarci lontano dal mondo e in solitudine, evitando il turismo e la finzione dei viaggi organizzati. Non tutti, però, siamo poi davvero partiti.
Non è difficile trovare luoghi vicino a casa che contengano le caratteristiche del deserto, la montagna per esempio, con il suo metaforico salire prima e scendere poi, con la mancanza progressiva di vegetazione e riparo; oppure il mare aperto, con l’orizzonte infinito e il movimento continuo dell’acqua.
Si può trovare deserto anche dentro di noi, avvalendosi di fantasia e autocontrollo, svuotando la mente delle sovrastrutture che abbiamo costruito, facendo tacere la voce interna, chiassosa e spesso inutile. In quel momento si trova una felicità discreta che assomiglia alla pace. Da soli.
(Foto di Bruna Bonino)
Per altri lemmi del Dizionario della solitudine felice, cliccare il tag.