Dalla postfazione di Rosanna Frattaruolo
Mi troverai vivo è il guanto di sfida lanciato alla vita che, con ostinazione, pone l’uomo-poeta di fronte a prove stremanti, gravide di turbamenti e afflizioni. La parola poetica è l’arma affilata da Antonio Corona per affrontare la ferita originata dal duro contatto con la malattia, con il carcere e la delusione sentimentale e per riuscire a vedersi come altro rispetto alla propria sofferenza. L’autore affronta il dolore in un corpo a corpo, utilizzando una parola attenta e fendente, per esserne poi attraversato in una sorta di atto di purificazione. È una parola che lascia il segno, una spada che oltrepassa il mero sfogo emozionale. [...] Mi piace evidenziare come il linguaggio di Antonio Corona sia variato rispetto alle opere precedenti, apparendo volutamente più ambiguo, come a richiedere al lettore l’impegno a cercare la propria verità. Il poeta ha acquisito maggiore consapevolezza della necessità del non detto in poesia, cedendo al suo fascino nella composizione del verso, rinunciando alla comodità di una parola facile e avvilita. In una sostanziale omogeneità stilistica, a parte qualche inserto prosastico, Corona mantiene un registro lessicale compatto e non sfrangiato.
Da Mi troverai vivo (La Vita Felice 2024)
I ragazzi del corridoio reclamano il cielo
in un viale d’ingannevoli pitture
che senza uscita regala speranze
non la libertà – quella sopravvive al buio
e solitaria si alimenta.
Quando si paleserà lo scatto
reo delle ombre a righe – sul pavimento
il loro perpetuo fallire s’interrogherà
e frugheranno nelle tasche
le mani tagliate dei loro padri.
*
Recintàti in dodici metri quadri
condividono uno specchio
per mezzo volto ciascuno.
Forse è il peso di quei nomi
la causa delle nocche insanguinate
dei visi acerbi e degli occhi assenti.
Rocky e Rambo, nelle loro tute
simmetricamente consumate alle ginocchia
si spartiscono l’amore, sconveniente ai supereroi.
*
Camera 1
Diagnosi è una parola vuota,
è nella descrizione dello stadio
la scelta di remare nell’acqua melmosa.
Resta vano il pianto e la speranza
nel fango non vedi il fondale
anche indossando una maschera:
il sangue s’aggruma a rosario.
*
Amo l’uomo che respira lento
guarda il mare e non lo giudica,
la foglia che cade dal ramo
e s’affida al vuoto per tornare origine.
Amo il pensiero del serpente
l’ignoto ipotizzato che solo lui conosce
e le donne che ridono forte
gli amici che sanno di muffa
perché nel vecchio si riposa a occhi chiusi
*
Atto
4° – l’eredità
Ho immaginato di raccontarti del mio dolore
almeno cinque gocce al risveglio
e venticinque prima del sonno.
Ho preferito poi
usare una matita 2B per scriverne poesie.
–
Misi il fuoco al centro, era rosso
sfocato di vita, accomodavo la rosa
al giusto grado di curvatura del cristallino.
Dietro le inferriate i ricordi,
fuori – le ombre m’inseguono.
–
Piantiamo a passi nudi e capo chino
piccole sementi senza nome.
Germoglieranno orfani – un domani
lontani dai nostri intenti
di essere padri arresi al fato.
Tutti guarderanno il fiore
nessuno ricorderà la fatica del germoglio.
Noi stessi – forse – dimenticheremo
o meglio ci stupiremo di cosa,
di come – inconsapevoli, ingravidammo la terra.
Antonio Corona è medico veterinario di origine sarde trasferitosi a Torino, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e grande appassionato di poesia. Inizia a pubblicare nel 2020 con Ensemble edizioni I segreti del cuocore, con Eretica Controfobie e nel 2022 con La Vita Felice Oltre la neve. Diversi suoi testi poetici e racconti brevi sono presenti in antologie, riviste e quotidiani. Tra i fondatori dell’Associazione Culturale “Vivere d’Arte” di Torino, collabora con riviste e blog letterari, cura e organizza eventi per la divulgazione poetica e dell’arte in generale. È cofondatore del lit-blog “Il Tasto Giallo” insieme a Rosanna Frattaruolo.
(A cura di Silvia Rosa)