Intervista ad una goccia d’acqua e al suo autore

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SILVIA PIO (a cura)

Poesie profonde, a volte dolci a volte spiazzanti, sempre argute, quelle che si trovano nella nuova raccolta di Carlo Carlotto. Col suo sguardo discreto e accurato e con parole essenziali e qualche rima sparsa, l’autore racconta situazioni, fa intravedere paesaggi, accenna a drammi privati e storici, e presenta personaggi.
L’io fa spesso capolino, a introdurre ricordi e ad accompagnare i lettori in luoghi, letture, considerazioni che svelano l’autore e ce lo fanno diventare amico, quasi ad essere suoi compagni di viaggio.
«Un viaggio, quello che ci apprestiamo a compiere leggendo queste poesie, tra fiori variopinti sbocciati sulla carta, grazie alla delicatezza della mano che li ha tratteggiati, della mente feconda che li ha concepiti, e degli occhi di un lettore attento e sensibile, che ne saprà certamente cogliere il profumo.» (Dalla Prefazione di Lea Giacone)

Intervista a Carlo Carlotto

Quando e come ti sei avvicinato alla poesia?
Ho cominciato, inconsapevolmente, alle elementari.
Ogni mattina, appena entrati in aula, come prima cosa (una specie di riscaldamento giornaliero) la maestra ci chiedeva di scrivere un pensiero. Dato che dopo un po’ di tempo non sapevo più cosa dire, cominciai a comporre brevi frasi in rima.
Poi penso di aver interrotto per un lungo periodo. Intorno ai venti anni annotavo pensieri “che andavano spesso a capo”.
Tutte cose che ho tenuto solo per me fino a quando non ho trovato il coraggio, superati i quaranta, di partecipare ad alcuni concorsi letterari (senza grandi successi) e dunque di espormi, di mettermi in gioco confrontandomi con altri.
Superato il primo scalino, il successivo (ravvicinato) è stato quello di pubblicare una raccolta di poesie (Diari e inventari). La molla in quel caso fu la vanità.
Questo per quanto riguarda la scrittura.
Ho iniziato a leggere seriamente appena finito le scuole superiori. È stato necessario staccarmi dall’imposizione dei professori per poter apprezzare la lettura. Prima, soprattutto di romanzi di autori italiani e poi anche di poesie, di vario genere. Attività che, ovviamente, continuo a fare ancora oggi.

Quali sono a tutt’oggi le tue attività poetiche, collaborazioni (riviste, collettivi, ecc.) e pubblicazioni?
Negli ultimi anni la composizione di poesie si è ridotta. Sono diventato sempre più pigro e sintetico. Trovo più facile e piacevole scrivere epigrammi e aforismi. Sistematicamente ogni giovedì ne invio una selezione a un gruppo di amici.
Purtroppo non sono ancora riuscito ad attivare collaborazioni con riviste o giornali.
I contatti con altri poeti e autori locali sono molto limitati.
“Intervista a una goccia d’acqua” è la mia settima raccolta di poesie.
La già citata “Diari e inventari”, “Armi e bagagli”, “Poesie del panesalame”, “Torno subito”, “Tutto qui?”, “Mi raccomando: sii prudente”.
Ho anche scritto un libro di racconti (“Può sempre fare comodo un sacchetto del pane usato”) e pubblicato due selezioni di “post it” che, secondo l’Associazione Italiana per l’Aforisma (di cui faccio parte) rientrano nella vasta “famiglia” degli aforismi: la prima s’intitola “Se domani farà bello”, l’ultima uscirà a brevissimo.
Da quasi quattro anni mi sto dedicando alla lettura ad alta voce. Faccio parte infatti della “Compagnia delle voci”, un gruppo di lettori di varie parti d’Italia che ha l’obiettivo di trasferire emozioni principalmente attraverso la registrazione di romanzi, racconti e poesie messe a disposizione gratuitamente per gli amanti della letteratura.
Abbiamo un canale YouTube dedicato che stiamo “inondando” di letture. Sono già disponibili romanzi (“Dalla terra alla luna”, “La luna e i falò”) e racconti (“Le solitarie” di Ada Negri e le novelle di Pirandello). Stiamo riscontrando con soddisfazione un crescente interesse da parte del pubblico che ci stimola a fare meglio e di più.
Magari prima o poi registreremo anche qualche mia poesia (in realtà nei nostri incontri serali periodici in collegamento internet alcune sono già state lette).

Cos’è la poesia per te?
La poesia è un modo di vedere e affrontare la vita. Ma questa è solo una brutale sintesi delle sue tante definizioni e sfaccettature.
Ho scritto e pubblicato vari versi (alcuni anche nell’ultima raccolta) sui poeti e sulla poesia secondo me.
Continuo comunque a chiedermi cosa sia, chi siano i poeti e quale ruolo hanno o dovrebbero avere nella società. Questa ricerca è allo stesso tempo uno stimolo a cercare di capire chi sono io e uno sprone a camminare imparando cose nuove e riempire il tempo della mia vita.
A questo proposito mi piace ricordare un brevissimo componimento dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano in cui, volendo, possiamo sostituire la parola “utopia” con “poesia”.

L’utopia è là, all’orizzonte.
Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi.
Faccio dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi.
Per quanto cammini, mai la raggiungerò.
A cosa serve l’utopia?
Serve a questo: a camminare.

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Ecco una selezione di poesie tratte dalla raccolta.

INTERVISTA A UNA GOCCIA D’ACQUA

Non chiedetemi come
sia riuscito a intervistare
una goccia di pioggia
di un temporale estivo
ma ce l’ho fatta.

Fresca, piccola.
Giovane anche,
avrei detto.

Ma ha sorriso
quando le ho chiesto
se non si sentisse triste
per la monotonia
e la brevità della sua esistenza.

E mi ha confessato,
anche un po’ indispettita,
che ha già compiuto
almeno un milione di anni
di tempo nostro
(loro non lo contano
come noi umani)
ma ha ancora l’entusiasmo
del primo giorno.

Ha abitato ovunque sul pianeta.
È stata, se non tutto,
tanto: mare, oceano,
neve, rugiada
perfino sudore
(poche volte però).

Poi improvvisamente è sparita.
Chissà quale e dove sarà
la sua prossima vita.

DIECI DECIMI

Purtroppo
ho goduto da sempre
di una vista perfetta,
fisica e metaforica.
Vedevo con precisione
le più piccole cose
e i difetti di tutte le persone.

Solo da quando, finalmente,
ho perso qualche decimo,
vivo in una casa più pulita
e apprezzo di più la gente
che mi circonda
e che, ora ho capito,
è spesso migliore
di cosa si dice.

Mi fosse calata prima la vista
sarei stato molto più felice.

FRAGOLE ROSA

Venivi a prendermi all’asilo
in quei giorni azzurri di maggio
e poi a casa seguivi l’arrivo
della tappa del Giro
mentre mangiavo le fragole
che mi avevi accomodato
con zucchero e limone.

Col risultato che per me ora
le fragole rosse indelebilmente
sono associate alla maglia rosa
(grigia nella televisione d’allora)
e a te, mamma, naturalmente.

FERITE

Colpisco il mattone del muro
con un chiodo appuntito.

Ferita asciutta di polvere
conterrà il soggetto di un quadro
che, finestra nella parete,
gli darà per sempre le spalle.

COS’È LA POESIA

Se oggi hai rifatto il letto
sei andato a lavorare
cenato e tornato a letto
sei più brutto
della prosa più opaca.

Ma, se
dopo esserti risvegliato
da una notte arenatasi
contro le luci tenui dell’alba,
hai con cura sistemato la sindone
che ti tiene compagnia a ogni buio
rendendola atta ad accogliere
il prossimo tormentato dormiveglia,
con indolenza hai varcato la soglia
della tua angusta magione
(senza neppure fare colazione)
per recarti con travaglio interiore
a procurarti pranzo e cena
attraverso un lavoro gramo
che ti elemosina un salario da fame,
infine sei rincasato con membra stanche
affondando il corpo senza più energie
nel talamo mancato, spoglio e solitario,
hai fatto della tua quotidiana monotonia
un’accettabile poesia.

GRECO ROMANA

Ogni anno con l’inverno,
che qui comincia già in autunno,
ingaggio un corpo a corpo
di durata quasi semestrale.

Finora ho vinto io
che non sono al tappeto
quando arriva la primavera
ma l’esito della lotta
purtroppo ha prospettive scontate.

Non gliela voglio dare vinta però:
farò di tutto per morire d’estate.

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