Gli atleti di Vanni Schiavoni

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Dalla prefazione di Valerio Grutt

Questo è un libro bianco, di marmo e di sale, un libro mediterraneo, antico e futuro come il mito, scritto con intimo furore epico e abilità metrica. Ogni verso è scolpito nella pagina, lavorato minuziosamente, monumentale ma eternamente in movimento. Il libro procede ritmicamente tra le onde, gli occhi lanciati alle scoperte, il clamore di tesori che riemergono nella luce. E ci parlano di noi. Un filo luminoso, un tremore, percorre i secoli e il poeta lo ritrova, lo raccoglie, tra clacson e insegne, alla periferia del tempo.
Ne Gli atleti di Vanni Schiavoni tutto è vivo e politico, attuale e antico, tutto rimanda a qualcosa di minimo e sconfinato allo stesso tempo. Come sempre accade con la buona poesia, i suoi versi hanno diversi livelli di comprensione. Alcuni più espliciti, altri suggeriti dai personaggi che abitano le pagine, dal ritmo, altri ancora misteriosi, sconosciuti forse anche al proprio autore. Perché la poesia fa così, guida lei, e noi seduti di fianco guardiamo fuori dal finestrino il paesaggio che ci sfugge, appuntiamo ciò che possiamo, affannosamente, componiamo i pezzi di questa visione, di questo vento. Per restituire a qualcuno, al tempo, a una parte di noi, quel senso di verità, quel battito.
I ritrovamenti parlano, ci portano nella vertigine del mito, c’è una canzone delle cose perdute che torna viva, che sembra sempre stata qui ma solo ora possiamo ascoltarla o meglio tonare ad ascoltarla, cogliendo la voce dei sommersi, ricamandone le sillabe. Questi atleti siamo noi, le nostre anime che riemergono dal fondo di noi, corpi dimenticati nei corpi, frammenti sapienti del tutto. È la vita che vuole vivere, tornare ad essere tra gli esseri, nella miseria e nella meraviglia della società umana, dell’opera del mondo. [...] C’è una ricerca formale consapevole in questa raccolta, un lungo lavoro sulla lingua, per dire un’epica contemporanea, per trovare una scrittura capace di restituire un tempo lontano nel nostro tempo. [...] Questo libro è una navigazione, un’immersione, la gioia del rinvenimento. Leggete e lasciate agire, mettetevi in ascolto di questo canto della storia e del tempo, del suono segreto del testo. Fatene esperienza.

Da Gli atleti (Interno Libri Edizioni 2024)

Prologo

Un giovane che all’improvviso risorge
modella in due conchiglie di terra rossa e scura
le membra dilaniate da sorella e ancora il taglio
come trinciato da fumare è sparso sopra il mare
con lo schifo e il desiderio gonfio per Giasone.

Là i suoi eroi già arrugginiti
calamitati alla nave come tramonti raffermi
e maledettamente ancora vivi
si voltano a obliare la vendetta del cielo.

Notando da qui,
dopo aver incendiato tutto il sacro della pelle
e scortato l’assieparsi di massi allo schianto,
un particolare sempre sfuggito: che la durata dei muri
non dura. E annotando che non siamo poi davvero
solchi affondati nella miseria
nel culto degli astri e delle stalle
e che l’amore è oltre,
procediamo per approssimazioni.

Questo il luogo e chi. Il tempo
è questa primavera millenovecentonovantanove
tra regnanti spodestati e troppi ancora un trono
che orizzonti provano e riprovano
ma senza un risultato
senza neppure l’improvvisare
di un luminoso orizzonte.

*

Ora stai
sulla terraferma
hai un tempio tutto tuo laddove
ti guarda mite pure la povera gente
e mentre ti lodano e tu mediti, rammenta:
quello che conquistiamo
è solo superficie
il possesso ossessivo
la dissoluzione della pietà
l’inflazione del malumore
l’autoassoluzione superba
per gli abusi e le atrocità commesse
come se fosse evoluzione
l’importarsi in quanto mercanzia
o avversari.

*

Ho provato a traforare i tratti
di ogni faccia che si possiede:
chi influenzò e fece grande il Macedone
aveva l’età nella barba fitta
e la capigliatura messa indietro e forte
gli emergeva la severità
e lo sprezzo della morte.

Così come non tolsi nulla
a quanto natura morse alla bellezza
nella dose dell’ingegno oltre l’apparenza, la chiazza
di pelo rado sopra la fronte arrugata
gli sfregi della sua mutria e il naso ferino
quasi a Socrate mancassero
solo i bernoccoli a farne un satiro.

Ho provato a restituire una poesia ossificata.

*

Si chiede mai se abbiano regole
le ardenti visioni geopolitiche
giacimenti di petrolio o miniere
quanto sia a fuoco l’idea?

Il mondo non lo prende
lo riprende vivendolo da un’altra ottica
lo fa più piccolo
lo mette come in avanzo nel petto
ed è orgoglio condividergli un’era
ché le altre non saranno di alcuno
quanto la sua si apre alessandrina.

La virtù vera
è dire di passaggio ogni epoca
e pure noi.

*

Dai sepolcri risorgeranno bianche
le masserie e lounge e in ma intanto
stava lucendo l’alba tra i filari
quando il primo raggio aderiva agli arnesi
baccagliava muto con l’aprirsi dei fiori
era un cumulo di radiazioni
sulla sua attesa e di là da venire
il nam myoho renge kyo delle cicale
battezzate nel sudore meridiano degli antenati
cantori ai lati di carraie secondarie
per vite di seconda mano.

Vedeva vacche e una prassi di comete e menhir
gole di dieci sacerdotesse e liquore dell’uva tra i vitigni
e solo allora il terrore rallentava.

*

Vanni Schiavoni (Manduria, 1977). Laureato con lode in Lettere con una tesi sull’asemic writing e la scrittura di Marco Giovenale, ha pubblicato le raccolte poetiche Nocte. Nascita di un solstizio d’inverno (Firenze Libri, 1996), Il balcone sospeso (Lisi editore, 1998), Di umido e di giorni (Lietocolle, 2004), Salentitudine (Lietocolle, 2006), Guscio di noce (Lietocolle, 2012), Quaderno croato (Fallone, 2020). Ha curato l’antologia poetica Rosso. Tra erotismo e santità (Lietocolle, 2010). Ha pubblicato i romanzi Come gli elefanti in Indonesia (LiberArs, 2001) e Mavi (Emersioni, 2019). Come performer è autore degli spettacoli “Quaderno croato e alte province” (in solo), “L(‘)at(t)itudine” (in trio con la cantante Martina Alberi e il chitarrista Renato Minguzzi) e “Gli atleti” (in duo col chitarrista Gregorio Pasanisi, alias “Il figlio di Margaret”). Dirige insieme allo scrittore Giuse Alemanno il laboratorio di scrittura in versi (e altre creatività) “SoloXpoetry”.

(Articolo a cura di Silvia Rosa)