Il mio paese è una stella di Max Ponte

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Dall’introduzione

“Il mio paese è una stella” è una raccolta di poesie ambientate a Villanova D’Asti, nell’Astigiano e in quel territorio marginale e suggestivo che caratterizza tutte le regioni del mondo. Qui, in questo confine, sulla scorta di un ritorno al paese natale, per citare Aimé Césaire, Max Ponte ritrova i segni del suo passato, il rapporto e il ricordo dei nonni, i giochi all’aperto, il rapporto con la natura e la terra. Si tratta di una scrittura immaginifica, musicale, che passa attraverso l’infanzia e il sacro. Nella terra di Vittorio Alfieri, di Paolo Conte ma anche di Giorgio Faletti, in questa piccola provincia italiana, si fa sentire con forza una nuova voce poetica. Essa si ricollega idealmente, in tutta la sua autonomia, a chi in Italia indaga il margine come il paesologo e poeta Franco Arminio. “Il mio paese è una stella” è infine una lunga poesia d’amore, in cui il sentire è rivolto allo spazio vissuto e ricordato, sulla base del quale avvengono il canto e la riconciliazione.

Dalla postfazione di Delia Cortese

“Un paese ci vuole” scrisse Cesare Pavese che visitò di passaggio Villanova d’Asti e fugacemente la immortalò. La raccolta di poesie di Max Ponte, sia dedicate a Villanova che ispirate dalla vita del paese, coglie in versi la necessità intesa da Pavese: il paese che ci portiamo dentro anche quando ce ne andiamo o desideriamo farlo; il luogo a cui si torna anche se solo con la memoria o i ricordi. Le radici che, quand’anche nostro malgrado, ci definiscono. Nei versi di Ponte Villanova diventa il paese di tutti noi: un simbolo, un mito, un simulacro. Vicino e allo stesso tempo lontano, paese liminale che ha il sapore ed il cognome di Asti ma lo sguardo attento rivolto a Torino. Vittima e carnefice della pulsione tra la campagna e la città. [...] Un piccolo paese con una grande personalità e tante identità, la Villanova cantata da Max Ponte è anche una metafora delle stelle che ognuno di noi siamo: ognuno, a modo suo brilla in un firmamento umano fatto delle proprie piccole grandi storie, di sogni, di rimpianti, di qualche sconfitta e di tante vittorie. E come le parole danno forma ai versi, la musica, nella vita del paese, ha saputo dare voce a quei silenzi che attraversano le campagne e le strade, scandendo il ritmo quotidiano e nutrendo l’anima della comunità. Le parole, i suoni – come le radici – si propagano, risuonano nel tempo e oltrepassano i confini, legando il passato al presente. Villanova è anche questo: un luogo dove l’eco dell’antico dialoga con l’onomatopea del futuro. Villanova in questa opera va oltre il paese, nella penna di Max Ponte diventa un universo emotivo racchiuso in versi. Una stella ci vuole.

Da Il mio paese è una stella (Letteratura Alternativa di Asti 2024)

I messi piumati ogni notte

Il nonno dava
savoiardi ai canarini
in una dimora dal
derma fragile la pittura
si crepava per l’umidità
ancor oggi compaiono
mappe organiche
e i messi piumati
ogni notte, mi portano
notizie dall’aldilà

Vorrei saper dipingere una pianta di cachi

Vorrei saper dipingere
una pianta di cachi
con quell’arancio opaco
mischiato alla nebbia e
quei frutti che paiono
troppo grandi fuori luogo
ma a ben vedere perfetti
nella decadente opulenza
dell’autunno nel crepitio
delle foglie nei ruggenti
anni ‘30 pomelli delle auto
e particolari del naturale
arredamento di questo tempo

Così fragile eppure vivido

Era un mondo il nostro
Di telefoni fatti di filo e cartone
Dal manuale delle Giovani Marmotte
Di cartoline dallo zoo con il leone
Dei nonni seduti sulla via
Come gli antenati nelle aie
Dei libri del catechismo
Da completare per apprendere
Le gesta del Signore
Era un mondo in pratica
Che finiva sulla statale
Ma credeva nell’America
Nei videogiochi nei motori
Era un mondo il nostro
Così fragile eppure vivido
In cui eravamo sempre fuori

Mia nonna creava draghi con le zucchine

La legna d’estate era fatta per giocare
i salici diventavano armi arboree
e le zucchine animali dai piedi
sottili con gli stuzzicadenti che
mia nonna infilava alle verdure
poi le guardava compiaciuta come
una bambina guardava i suoi draghi
in uno dei momenti trasognati
la legna d’estate era fatta per giocare
per i gatti e le schegge nella pelle
tutti essendo virgulti si poteva
diventare alberi nel cortile con le
bici si facevano grandi tour di pochi
metri perché il tempo è circolare
e noi ritornavamo sempre con
il sudore le ginocchia sbucciate
le giornate con i ghiaccioli e i compiti
da fare che poi cosa sono serviti
questi compiti se non a dimenticare
di essere piccoli e che tutto poteva
scomparire per poi riapparire
vivendo con i propri morti
tutta l’estate

Mi ricordo una furvaja

Mi ricordo una furvaja
come una parola lontana
sulla bocca dei miei avi
una briciola un’inezia uno
scamuzzolo una minuzia sul
tavolo o sul pavimento un
atomo cadente una furvaja
divertente finita come
un insetto nei fondali
dei miei suoni a ricordarmi
la consistenza delle cose
l’appartenenza ad un mondo
protetto da una buccia
d’uva fragola e silenzio

*

Max Ponte, poeta, narratore e ricercatore, è nato ad Asti. Ha studiato a Torino dove si è laureato in filosofia e a Parigi dove ha intrapreso studi letterari. Ha pubblicato alcune raccolte poetiche, l’ultima delle quali si intitola Ad ogni naufragio sarò con te (La Strada per Babilonia 2020). Ha curato con Andrea Laiolo la riedizione dell’opera alfieriana La virtù sconosciuta (Paginauno). Nel 2023 Federico Sirianni ha messo in musica la poesia di Max Ponte La promessa della felicità, brano finalista alla Targa Tenco 2024. È stato incluso da Alfredo Rienzi in Poesia a Torino – Cent’anni e quaranta volti (puntoacapo 2024). Ha partecipato a vari eventi letterari e culturali. Le sue poesie sono state tradotte in francese, spagnolo e rumeno. Max Ponte è anche autore di racconti, un suo testo fa parte di Astigiani narranti (CreArTe 2024).

(A cura di Silvia Rosa)