LORELLA GALLO
-Ecco lo sapevo, sono in ritardo, mannaggia! Come ho fatto non so proprio… io odio arrivare in ritardo, odio! Chissà se mi faranno entrare? Non posso permettermi di restare fuori: non saprei proprio come giustificarmi con il dirigente.
Il calendario del corso di formazione sul PNRR indicava l’orario della prima lezione sul metaverso: ore 14:30. Erano già le 15:00 e Sofia era agitatissima: il pc non si stava collegando, aveva le dita intirizzite per essersi bagnata come un pulcino correndo verso casa senza l’ombrello dimenticato a scuola o chissà dove. E la batteria stava dichiarando di essere, pure lei, quasi del tutto esaurita.
-Dove accidenti è finito il caricabatterie? E ‘sta batteria non poteva aspettare il prossimo bonus docenti prima di esaurirsi? Sto accantonandone due o tre per poter acquistare un pc più potente. Non ce la farò mai… ah no, eccolo, ci siamo quasi, dai. No, non entra nella presa: è come se ci fosse una mano nera che mi caccia via quando sto per riuscire a infilare la spina, proprio come in quei reel su instagram. Mannaggia, lasciami entrare!
Intanto i minuti avanzano, l’agitazione cresce con il ritmo di una pioggia battente fuori dalla finestra che non illumina la stanza perché le nuvole sono pesanti e brontolano come se fossero portatrici di un temporale estivo. Siamo in autunno, ma non mancano i lampi.
-Ce l’ho fatta! Dove mi hanno inviato il link per collegarmi? Ah sì, l’ho memorizzato sul desktop, dai dai, ci sono!
CLIC!
-Buongiorno a tutti e a tutte, mi scuso per il ritardo, mi sentite?
SILENZIO.
-Scusate ma il mio schermo è nero. Qualcuno mi vede o mi sente?
SILENZIO.
-Boh? Non capisco, non vedo e non sento nulla. Monica ci sei? Aldo? Qualcuno mi risponde? Boh? Provo a chattare…
-CIAO MONICA, NON VEDO E NON SENTO NIENTE. ANCHE TU?
-EHI SOFIA, DOVE SEI?
-SONO ENTRATA NELLA VIDEOLEZIONE MA NON VEDO NULLA.
-DEVI ENTRARE NELLA STANZA N.3, TI MANDO IL LINK.
-MA NON STO VEDENDO NIENTE SULLO SCHERMO.
-SÌ È GIUSTO COSÌ, È UNA NUOVA MODALITÀ.
-AH BE’ ALLORA ASPETTO IL LINK.
-https://metaverso-flop-meta/
CLIC.
-Ossignùr e adesso che succede? Non ho mai visto stanze di questo genere… Boh? Questo metaverso è davvero strano, cioè mi inquieta un pochetto, a dire la verità. Mi pare di essere di nuovo sola soletta. Ehi, io sono arrivata! Chi c’è qui con me?
Lo schermo nero si è schiarito, Sofia osserva incuriosita un grigio fumo di Londra e pensa che l’origine di quel colore la preoccupa un po’: è il colore del “Grande smog” degli anni ’50 a Londra, che ha ucciso un sacco di persone avvelenandole. Sofia osserva in silenzio lo schermo, poi lo sguardo va fuori sui nuvoloni: sono ancora là, mentre il ticchettio della pioggia si sta allontanando, sostituito dallo scroscio dei granelli di pellet che scendono per alimentare la stufa.
-Sì, però, ora qualcuno dovrebbe farsi vivo. Non credo che mi lasceranno da sola: un lavoro di gruppo si fa in gruppo, no?
Uno sbuffo di vapore dal lato inferiore dello schermo fuoriesce improvviso e schizza le lenti di Sofia, che, spaventata, fa un sobbalzo sulla sedia e afferra il mouse per cercare un pulsante qualsiasi che lo faccia sparire in qualche modo. Si guarda intorno, piega il monitor del notebook per cercarne l’origine e poi scoppia in una risata.
-Ossignùr, sto reagendo come Evacat quando la facevo giocare con l’acquario virtuale sul desktop: lei tentava prima con la zampina di acchiappare i pescetti e poi li cercava dietro il desktop. Ma che diamine sta succedendo? Ehi, dove siete, accidenti? Qualcuno mi risponda? Forse non mi sentono: provo a scrivere in chat.
-BUONGIORNO, SONO SOFIA MIELE E SONO ENTRATA UN PO’ IN RITARDO. MONICA BALDI MI HA FORNITO IL LINK PER ENTRARE NELLA STANZA ADIBITA AI LAVORI DI GRUPPO, MA SONO SOLA E MI PARE UNA SITUAZIONE UN PO’ STRANA. MI DITE QUALCOSA, PER FAVORE?
SILENZIO.
La pioggia tace e Sofia guarda fuori cercando un segno che la rincuori. Niente da fare, fuori è buio pesto: il desktop fa meno paura. Finora. Un’occhiata di sbieco le fa scorgere una porta nell’angolo destro: sembra un invito. Sembra.
Nessun messaggio compare nella chat del pc, nessuna in quella del cellulare. Che fare? Un’idea improvvisa e la mano di Sofia stacca il caricabatterie dalla presa. Il pc non si spegne, come -invece- ha sempre fatto da quando la batteria è andata in tilt.
La porta vibra leggermente e Sofia avverte un leggero ‘toc toc’.
-Non ci credo. Non posso crederci. Ho le traveggole, decisamente le traveggole. Calmati. Calma. Non ho pranzato, ho un calo di zuccheri, sicuramente è per questo. Ora mi alzo e mangio qualcosa.
Inchiodata alla sedia davanti alla scrivania, Sofia non riesce ad alzarsi: i piedi sono ancorati al pavimento e, nonostante gli sforzi, non può lasciare la postazione. Gli avambracci restano appoggiati al ripiano della scrivania perfettamente in corrispondenza con la larghezza della tastiera del pc: se tenta di allontanarli le sembrano diventati di piombo.
-Ok, sono svenuta, ma tra un po’ mi riprendo, no? Cioè, sono crollata per la stanchezza. Ora mi accascio sulla tastiera e poi mi sveglio… Fatto.
Ok, siamo in ballo e dunque balliamo. Chi è? Avanti, entra pure.
La porta si spalanca e la risucchia in un vortice sulfureo silenziosissimo. La pesantezza di prima svanisce e Sofia scivola in un tunnel variopinto in cui rotola gentilmente, ma senza esitazioni, fino a quando una mano ne sfiora le pareti rugose. Non appena avviene il contatto il tunnel si apre e la deposita su una poltrona da dentista. Tutta la spensieratezza dell’attraversamento del tunnel sparisce all’improvviso: Sofia ha il terrore dei dentisti!
-Oh cribbio, non ho nemmeno assaggiato la medicina di Alice nel paese delle meraviglie e non ho seguito nessun coniglio bianco… ho sempre avuto il terrore degli effetti delle droghe, leggere o pesanti… non mi è mai piaciuto perdere il controllo di me stessa… insomma, che mi sta succedendo? Voglio andare via di qua!
Sulla poltrona del dentista, intanto, sta scendendo uno specchio ovale con una cornice di foglie dorate. Durante il percorso di avvicinamento si percepisce il leggero stantuffio del braccio meccanico che lo sta portando lentamente verso il viso di Sofia: lei osserva stupefatta mentre si accorge che non è affatto uno specchio. È una specie di monitor ante litteram! Senza accorgersene alza la mano per toccarlo, mentre una delle foglie dorate vibra leggermente: Sofia la sfiora e la percepisce spugnosa, quando la strizza leggermente, lo specchio si anima. Emette un ronzio, un rumore di fondo, come se ci fosse un’intercettazione in corso, mentre sulla sua superficie si materializza il disegno delle onde radio.
-Oh, bene, forse riesco a mettermi in contatto con qualcuno. Ora cerco di migliorare la ricezione: chissà come si fa? Non trovo più la foglia spugnosa, mannaggia. Vabbe’, forse si aggiusta da sola…
E inaspettatamente si materializza la voce di Monica Baldi:
-Sofia, mi senti? Sei entrata nella stanza n.3? Hai cliccato sul mio link? Ti stiamo cercando e non ti troviamo. Lo abbiamo detto alla docente, ma non riusciamo a rintracciarti. Ci sei o no?
Sofia deglutisce, ha la gola secca, l’emozione le impedisce di rispondere subito alla collega. Respira profondamente e pensa bene a quello che vuole rispondere.
-Monica, sì ci sono, sono da qualche parte, ma non so esattamente dove. Sono sola e non so che fare per raggiungervi. Dillo alla docente, chiedile di attivare l’uscita dalla stanza in cui mi trovo. Oppure ditemi cosa devo fare io per uscire da qui e ritrovarmi con voi.
-Ok, Sofia, non ti agitare, adesso vedremo di far attivare la docente in qualche modo, anche perché il lavoro di gruppo qui si è interrotto per cercarti. Stai tranquilla, ti troveremo!
CLIC.
-No, aspetta, non te ne andare, parlami ancora, dimmi cosa state facendo, dove siete. Come siete entrati voi nella stanza n.3? Aspetta, per favore, non lasciarmi!
SILENZIO.
-Ehi! Dimmi come siete entrati nella stanza n.3! Dimmelo, ti prego, io non… ma cos’è questo scricchiolio, adesso?
Il braccio meccanico si sta allontanando a piccoli e lenti scatti, con un lamentoso cigolio, mentre la superficie riflettente acquisisce progressivamente uno strano spessore. Sofia non riesce a distogliere lo sguardo, nonostante il timore di assistere a una nuova sgradevole novità. E mai un presagio si rivela più veritiero: dallo specchio sta uscendo un numero civico… sì, uno di quei blocchetti di marmo chiaro con inciso il numero dell’abitazione. È un numero di due cifre, il 13, di cui è rimasto evidente solo il 3: la decina risulta come slavata dagli eventi atmosferici. E a Sofia appare chiaro il significato.
-La docente si è sbagliata! La docente ha sbagliato la mia collocazione nella stanza! Ehi, mi sentite? Non sono nella stanza n.3, ma nella n.13! Ehi, sono nella stanza n.13!
Come se il suono della parola 13 fosse la password per sbloccare l’uscita dalla stanza, lo specchio/monitor si allontana fino a sparire, per lasciar posto a una porta. Un cartello con il dito indice è puntato sul n.13 e sul batacchio al centro della porta.
-E ora? Qualcuno o qualcosa mi dia un segno, dai!
Il cartello ondeggia leggermente e colpisce lo stipite della porta con un leggero fruscio.
-Sarebbe questo il segno? Vabbè… ma insomma, non c’è proprio nessuno che mi ascolta?
Il cartello ondeggia con un po’ più di vigore.
-Ah, quindi mi stai rispondendo?
L’indice vola sul batacchio e lì si ferma.
-Se qualcuno mai mi chiederà come mi sono sentita quando ho visto quel cartello, mentre quasi picchiava il batacchio, io non potrò che rispondere che così: “feels like I’m knocking’ on Heaven’s door”. Eccomi!
Un lampo, poi il fragore di un tuono copre il rumore della porta n.13 che si apre e Sofia ruzzola nel buio totale, fino a quando i piedi non toccano una parete fermandola. Alzandosi con circospezione, si accorge di essere di fronte a un’altra porta: la sospinge e l’accoglie un coro di benvenuto.
-Eccoti finalmente! Stavamo per andarcene tutti ormai, la videolezione è terminata senza la presentazione dei lavori di gruppo.
Sofia non riesce a emettere un singolo fonema. Si guarda intorno: fuori è ormai buio pesto, il temporale è finito, la pioggia sta rallentando il ritmo e l’intensità. Si allunga sullo schienale della sedia, spegne il pc, si alza per sgranchirsi le gambe e legge il messaggio appena arrivato. È Monica che le chiede com’è andata la visita dal dentista e la invidia per aver evitato la presenza al corso: i lavori sono stati interrotti più volte per la mancanza di corrente.
-Risponderò dopo cena, si dice Sofia facendo spallucce, mentre un lampo ritardatario rischiara il cortile.
(Immagine elaborata con I.A. dall’autrice)