PATRIZIA GHIGLIONE (a cura)
Se io dovessi immaginarmi un NON-LAVORO, mi immaginerei quello dell’archeologo. D’altra parte, si studia per capire. E, dopo aver studiato, approfondito, scandagliato, finalmente ho capito. Laurea 110 e lode, specializzazione 110 e lode, scavi, pubblicazioni scientifiche, direi che il giusto coronamento di tanta carriere accademica, sia il non far niente. Ora basta, meglio starsene a casa. Di certo, ormai lo so, il mio lavoro NON dovrebbe consistere nell’indagare la storia della nostra civiltà, lavorando come studioso e letterato. Cose vecchie, obsolete, superate. Sono noiose, anche. Vuoi mettere la pienezza e la concretezza di una vita condotta all’insegna della apparenza quotidiana, con la sua briosità e tutta quella leggera, indispensabile superficialità che la accompagna; possibilmente anche un tantino pruriginosa. Finalmente è nato un linguaggio concreto, che dice pane al pane e culo al culo. Altro che dante, neanche una maiuscola si merita tanta antiquata, inutile aulicità. Per fortuna abbiamo capito in tanti, negli ultimi decenni si è spinto molto e con successo in favore di questi valori, si è investito parecchio sulla cultura del consumo volgare (e chiedo scusa se, nel dirlo, adotto un termine vetusto, non mi sono ancora completamente liberato dal vizio dell’antico). Si sono spezzate le catene, ci si è emancipati dall’accademismo e dall’approfondimento: ma a cosa servono, infine? C’hai Wikipedia, c’hai tutto. Perché accanirsi a scavare?
E che sarà mai, il Colosseo? Roba dove i romani ci ammazzavano i cristiani, ormai lo sanno tutti. Andiamo oltre.
È così che, poco alla volta, capisci l’inutilità di certi studi; è proprio studiando che ne hai conferma.
La mia buona sorte mi ha concesso di aprire gli occhi. Ora so anche, tra l’altro, cosa mi piacerebbe fare da grande: essere un grande fratello. Un’occasione di approfondimento unica, per la sua aderenza all’immagine del reale. Un luogo dove parlato e vissuto armonizzano al massimo grado, un’apertura privilegiata verso il mondo; un’opportunità di arricchimento e di riconoscimento pubblico ineguagliabile.
Anche la mia ragazza, che è laureata in biologia, ha cominciato a capire e si è salvata in tempo. Per fortuna non è finita nelle oscure trame della ricerca. Parchi, lavorare per la salvaguardia dell’ambiente, la natura. La Natura!
Alla fine, lei invece, meno ambiziosa di me, ha preferito cominciare dal basso: e ha trovato, giustamente, questo contrattino di due mesi come addetta alla cassa di un supermercato. Perché poi, oggi, bisogna essere anche flessibili: ragazzi giovani, vai, ti muovi, ti sposti; di luogo in luogo, di due mesi in due mesi. Così, è vero, hai studiato, ti sei formato in un campo, ma poi vai a fare una cosa veramente utile, alla fine. Meno male che anche lei è entrata nel mondo con la M maiuscola; perché anche ‘sta cosa della natura, alla fine, dico io, a cosa serviva. È il consumo che ti dà da mangiare. E così anche lei è entrata perfettamente all’interno di questo meccanismo e infatti è contentissima, proprio. Ogni giorno va al lavoro col sorriso, perché ha trovato la sua strada.
In quanto a me, beh, certo, io non mi accontento. Allora, tra uno sbadiglio e l’altro, aspettando la grande occasione dello schermo, mi diletto a scrivere dell’Italia ormai sorpassata, culla della civiltà classica, che manda a spasso gli archeologi, non sapendo bene, in fondo, chi essi esattamente siano. Che razza di lavoro faranno questi, mah. E quanto mai li potremmo pagare? Chi poi, per curiosità o per capriccio, intendesse sondare un terreno, aprire un sito, lo faccia, mi raccomando, al minor costo possibile: in fondo, si tratta poi solamente di scavare, di estrarre qualche oggetto, di far emergere qualche tratto di muro; che, in verità, sarebbe perfino meglio ricoprire. Cementificare.
Le leggi sulla tutela del patrimonio artistico e culturale? Ma fatemi il piacere, non sono che gran fumo negli occhi, un gioco illusionistico. Il nostro Paese, in fondo (ma senza scavare), è sempre andato forte nel campo del trasformismo, della prestidigitazione verbale; e di questo si può ben vantare.
D’altronde, con la cultura non si mangia, diceva un qualche saggio ministro del nostro passato più prossimo, e ancora non è stato smentito. Certo, finché la scuola non si avvicina a questa sapienza popolare, finché si continuano a sfornare titoli di studio inutili ed inutilizzabili (ancora per poco, comunque), occorre ricorrere a nuovi espedienti, a giochi di prestigio appunto, volti a placare gli animi dei neo-formati: è così che, ancora una volta, si eccelle nell’arte magica.
E allora eccoti lì un bel bando, pubblicato dal Ministero dei Beni Culturali, che prevede la formazione di 500 giovani (giovani si intendono fino ai 35 anni, e anche questa sembra un gran bella illusione) presso le Sovrintendenze regionali. I requisiti sono altissimi (laurea110), perché, giustamente, il privilegio concesso deve essere meritato. Il lavoro svolto sarà, tra l’altro, anche premiato con ben 400 euro mensili. Ovviamente, si mette in guardia l’eventuale fortunato o fortunata, più precisamente lo si diffida, dall’attendersi una qualsiasi prospettiva occupazionale. Ed eccoti lì, finalmente, un esplicito richiamo, una spintarella verso la sana, concreta tradizione nazionale: la corruzione, attiva e passiva. Chi, infatti, non farebbe carte false per far fruttare in ogni modo e con ogni mezzo una simile, magari unica, opportunità?
“CORROMPERE PER SOPRAVVIVERE, cosa c’è di sporco nel diritto di esistere, in Italia”. Finalmente ho trovato un degno titolo alle mie pagine, scritte per riempire le oziose giornate in questo che a buona ragione chiamiamo il Bel Paese.
Chissà che non contribuiscano a darmi fama, ad aprirmi la strada verso la tanto, ormai, sospirata notorietà televisiva.
(Beauwindow https://www.margutte.com/?p=4999)