ATTILIO IANNIELLO
Il Centro per la Cultura Cooperativa di Cuneo ha pubblicato un Quaderno intitolato Una donna, due anime e un sogno: un mondo “genteficado”, umanizzato”, scritto da Silvia Maria Manfredi. Il testo, redatto in forma diaristica, riporta alcuni aspetti importanti della biografia dell’autrice.
L’emigrazione da Mondovì verso il Brasile negli anni Cinquanta del XX secolo, le difficoltà di inserimento nel nuovo contesto culturale e sociale, il riscatto attraverso lo studio e l’impegno per il miglioramento delle condizioni socio economiche degli ultimi, le problematiche relative alla dittatura militare che ha sconvolto il Brasile per un certo periodo.
Silvia Maria Manfredi dedica anche alcune belle pagine all’incontro con Paulo Freire, il teorico della “pedagogia degli oppressi”. Le teorie di Freire e l’applicazione pratica delle stesse facevano da motore ad una magnifica campagna di alfabetizzazione delle masse contadine e operaie brasiliane che coinvolse tanti giovani intellettuali, tra cui, appunto, anche Silvia Manfredi.
Tornata poi, per ragioni familiari, a vivere a Mondovì, Silvia incontra il mondo della cooperazione entrando a far parte del gruppo di persone che promuoveranno la Cooperativa Sociale Caracol.
Nel testo l’autrice, come abbiamo già scritto, fa riferimento alle difficoltà iniziali di ambientazione in Brasile e, ritornata in Italia, fa tesoro di quell’esperienza per consigli ai connazionali su come accogliere fraternamente gli stranieri:
«Oggi, osservando ed ascoltando le voci di popolo intorno ai gruppi di stranieri che stanno arrivando nella mia terra d’origine, l’Italia, riconosco le frasi ed i pregiudizi che un tempo riguardavano me. Allora so della complessità e del dolore di questi momenti, della difficoltà della convivenza, della ostilità e della chiusura verso l’altro, qualsiasi altro. Allora vorrei raccontare a molti insegnanti l’importanza della lingua e della cultura di appartenenza per ogni bambino straniero; vorrei raccomandare di non sminuirla né, tantomeno, cancellarla sovrapponendole ed imponendo quella italiana. Vorrei spiegare, allora, come il processo di costruzione ed acquisizione di un’altra identità, o comunque di missigenação (intreccio, mescolanza) socio-culturale, sia molto più complicato di quello che si possa immaginare e quanto gli stereotipi ed i pregiudizi lo ostacolino, compromettendo l’esito stesso delle giovani vite coinvolte; vorrei dire come ciò che può portare ricchezza rischi, se sottovalutato, di alimentare disorientamento e confusione per alcuni, vero e proprio impoverimento sociale per tutti»
Silvia Manfredi in America ha conseguito numerosi titoli di studio tra i quali: Bacherel e Licenziada em Pedagogia (USP, 1967), Mestre em Artes (University of Colorado, 1974), Mestre em Sociologia da Educação (USP, 1976), Doutora em Sociologia da Educação (USP, 1983). È stata libera docente all’Università di San Paolo (Brasile) e docente in Unicamp (Universidade Estadual de Campinas). Ha pubblicato diversi libri tra cui Política: educação popular. São Paulo, Símbolo, 1978; Educação em sindicatos (Quem disse que a gente não sabe?).Tese de Doutoramento, São Paulo, 1983; Educação sindical entre o conformismo e a crítica. São Paulo, Loyola, 1986; Formação Sindical no Brasil: história de uma prática cultural. São Paulo, Escrituras Editora, 1996.
Tra le esperienze che maggiormente hanno segnato la formazione umana e professionale di Silvia Manfredi vi fu certamente l’incontro e la collaborazione con Paulo Freire:
«I principi educativi suggeriti da Paulo Freire consideravano fondamentale il rispetto della cultura dell’altro e prioritario stabilire un tipo di comunicazione basata sul dialogo. Non esiste un rapporto di potere tra chi si presume che sappia e chi si presume che non sappia, occorre uno scambio continuo tra le due parti che generi un dialogo attraverso il quale entrambe le parti si arricchiscano, raggiungano la consapevolezza, la”consientizacão”. Ciò avviene in modo da non penalizzare la personalità di ognuno, senza cioè correre il rischio di scavalcare, di sostituzione. Il confronto, certo, può generare scontro ma occorre accettare questa eventualità come inevitabile conseguenza di un rapporto basato sul rispetto reciproco. È stato questo il modo in cui mi sono avvicinata per la prima volta al pensiero di Paulo Freire, colui che ha segnato in modo determinante il mio percorso professionale, quello che avrei seguito ed approfondito durante tutti i miei anni di studio e di ricerca».
Quando Silvia Maria Manfredi ritorna a vivere in Italia, porta con sé un bagaglio intellettuale ed esperienziale tale da diventare il presidente dell’Istituto Paulo Freire Italia.
Proprio in occasione del suo impegno italiano di diffusione del pensiero del pedagogista brasiliano Silvia Manfredi ebbe modo di conoscere due donne Patrizia Magliano e Pina Gonzales che hanno avuto una parte importante nel futuro impegno sociale della Manfredi stessa:
«Durante un incontro di presentazione dell’Istituto, ho avuto l’opportunità di incontrare due donne speciali, Patrizia e Pina con cui avrei, alcuni anni dopo,costituito la Cooperativa Sociale Caracol, di cui sono socia e con la quale collaboro tuttora. Il mondo della cooperazione mi era sconosciuto, ma la possibilità di costruire insieme ad un gruppo di operatori sociali un nuovo progetto, auto-gestito con l’intento di mettersi a servizio del territorio, mi ha affascinato. Molte delle premesse socio-organizzative della cooperazione erano in sintonia con alcune premesse dei progetti di educazione e sviluppo locale che ho sempre condiviso, perciò ho colto la sfida, nonostante le iniziali perplessità. La Cooperativa, che ha ormai cinque anni di vita, eroga servizi di promozione e sostegno a programmi e progetti di sviluppo locale e di comunità, all’educazione, integrazione e promozione dell’agio e allo sviluppo delle competenze.
Sono stati realizzati progetti di educativa di strada, rivolti essenzialmente agli adolescenti e giovani; centri di aggregazione; attività finalizzate all’accompagnamento sociale, interventi di teatro sociale; laboratori, scolastici ed extrascolastici); ogni intervento è stato organizzato coinvolgendo il territorio, le strutture pubbliche, le famiglie: un lavoro di rete indispensabile per l’efficacia di ogni azione. Un metodo, ancora, molto vicino alla mia esperienza sul campo brasiliana. Sono inoltre stati erogati servizi di consulenza nell’ambito della ricerca sociale (Asl, enti locali, imprese ed altri organismi privati), della formazione nel campo del lavoro sociale, di progettazione di piani di zona territoriali per servizi alla persona e percorsi di progettazione partecipata sul terreno urbanistico e sociale; consulenza metodologica e tecnico scientifica in programmi di Riqualificazione Urbana.
Certo, può sembrare impossibile riuscire a costruire un progetto di impresa sociale che funzioni in modo diverso dai modelli prevalenti, in genere basati sulla competizione, con gestioni autoritarie e burocratizzate; sicuramente, tutto ciò ha comportato difficoltà e scontri ma, tutto sommato, si è sopravvissuti agli ostacoli con una dignità sorprendente e senza rinunciare alla propria coerenza. Penso comunque che il mondo della cooperazione si sposi con alcuni dei principi e dei valori che continuano a guidare le mie scelte professionali: un modo collettivo e condiviso di lavorare, di promuovere nuove forme di gestione dei servizi e dei bisogni per costruire un territorio in cui si possa vivere in modo più equo, inclusivo, solidale.
Da secoli, credo siano state queste le bandiere del cooperativismo, lavorare e stare insieme per creare più benessere e, come direbbe Freire, per costruire un mondo “genteficado”, umanizzato, in cui le persone possano “essere di più” e non solo “avere di più”».
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