Molto originale e sofisticato il concerto di chiusura della Stagione Concertistica 2013-2014 a Mondovì: l’Ensemble Hofmaster (Roberta Goeta, attrice, Silvia Musso, arpa, Ermes Pecchenini, corno) ha messo la musica antica e contemporanea in rapporto con i testi poetici di Antonia Pozzi, grande poetessa italiana del primo Novecento, morta suicida nel ’38 a soli ventisei anni.
Si è trattato di un concerto teatrale, imperniato sulla Poesia: la musica, sia antica che moderna, era utilizzata in funzione introduttiva o intercalata come commento ai testi. In ogni caso, serviva a creare un’atmosfera scabra e severa come le poesie proposte: i brani, sia degli autori rinascimentali (Gesualdo da Venosa, Luzzaschi, Piccinini) che contemporanei (Britten, Hindemith, Scelsi) erano caratterizzati da sonorità minerali, come di vetri in frantumi, ghiaia schiacciata, ondate che si frangono contro gli scogli, neve che scricchiola sotto i passi, rintocchi di campane, e dicevano a modo loro, nella loro lingua, lo stesso dolore gridato dalle liriche della Pozzi.
L’attrice non le leggeva, ma le recitava e le “mimava”, dandone un’interpretazione “apocalittica” che conferiva un drammatico spessore ai testi: ne emerge un io tormentato, ridotto a cencio, che anela a un porto di pace definitiva.
Il nucleo centrale del concerto era però costituito da Antifona, una composizione musicale di Cesare Augusto Grandi su testo di Livia Livi: musica tempestosa e violenta a supporto di una «parola imperfetta, impronunciabile eppure indovinata per la tua perspicacia».
Era davvero un “responsorio di tenebra”, concluso dall’invocazione al mare, dalla fine notturna di Fine.
La poesia non salva la vita. E nemmeno la musica. Ma vi dà senso.