LORENZO BARBERIS.
Uno degli eventi più interessanti di questa 46ma Mostra dell’Artigianato Artistico di Mondovì è l’esposizione del Museo Civico della Stampa, “Una questione di carattere, capitolo primo: 2014”, mostra di book-art e opere in incisione e letterpress, realizzate con i caratteri mobili delle macchine presenti nel museo. L’evento, inaugurato mercoledì 13 agosto, rimarrà visitabile fino al 28 settembre, anche ben oltre quindi la durata della mostra, e consiglio pertanto a tutti di trovare l’occasione di visitarlo.
Trentacinque artisti internazionali selezionati da
Opificio della Rosa – Montefiore Conca
InSigna – Roma
RUFA, Rome University of Fine Arts – Roma
Central Saint Martins, University of the Arts – London
hanno realizzato affascinanti lavori grafici fondendo tecniche di stampa e incisione d’arte, e utilizzando in gran parte i bellissimi caratteri in legno del museo che stanno riprendendo vita attraverso il progetto di pulizia e catalogazione affidato appunto al Centro Internazionale di Grafica Opificio della Rosa.
Molto bella anche la scelta delle citazioni, a partire da questa di Maupassant che in qualche modo apre la mostra, evidenziando la potenza della pura parola su carta. Anche se, con una scelta indubbiamente maliziosa, la scritta è stata realizzata in rosso, quasi a mettere in discussione quanto nel testo si afferma.
Altra osservazione, che vale anche per altre opere, è che forse si sarebbe potuto, con più forza, riportare il testo originale francese: se infatti il concetto della letterpress è appunto la forza della Parola nuda a stampa, ogni minima sfumatura tipografica è rilevante, a partire dall’aspetto segnico originale dei caratteri. Ad ogni modo, ecco qui la citazione originale (che è anche parzialmente più ampia):
La parole éblouit et trompe car elle est mimée par le visage. Mais les mots noirs sur la page blanche sont comme l’âme mise a nue.
Poco dopo, l’elogio della stampa è rafforzata da questa citazione di Tocqueville che esalta la stampa come fondamento della democrazia in una massima aurea impressa infatti a caratteri d’oro.
Immediatamente, però, l’affermazione di Tocqueville è messa in discussione da Borges, con considerazioni che saranno poi ampliate in modo sistematico soprattutto da Chomsky in “Manifacturing Consent” e opere analoghe (notiamo anche qui il raffinato paradosso: è vero che i caratteri cubitali creano l’illusione di verità, ma anche questa frase è stampata a caratteri cubitali…)
La stampa è il fondamento della democrazia ma anche del suo opposto, che non è tanto il totalitarismo che brucia i libri ma la criptocrazia che controlla le masse tramite il controllo sui media, anche magari in presenza di un’impressione di democrazia.
In un certo senso, quindi, la sintesi tra le due opposte posizioni è affidata a questa citazione (non dichiarata) di Giulio Carlo Argan. Omettere la necessaria citazione potrebbe, per paradosso, essere parte di un consapevole invito a un approccio attivo al testo, documentandosi ad esempio sull’autore della citazione stessa. Progetto dunque architettonico e artistico, ma anche progetto di comunicazione come è la stampa in ogni suo aspetto, a partire da quello apparentemente irrilevante per i “contenutisti” (ma in realtà decisivo) della forma tipografica, che anch’essa dev’essere progettata con accuratezza.
Molte altre citazioni si rivolgono quindi all’aspetto formalista della stampa, come la nota citazione “Il diavolo è nel dettaglio”. Qui un vasto esame dell’origine di questa affermazione, che è molto interessante di per sé: all’origine pare ci sia l’affermazione di Flaubert “le bon Dieu est dans le détail”, quasi un manifesto in sintesi del Naturalismo che lui andava a fondare, cioè l’importanza dell’attenzione al dettaglio come ciò che può fare la fortuna di un testo.
In seguito, però, l’affermazione si rovescia, proprio per dire che basta un dettaglio sbagliato per dannare un testo altrimenti ottimo. In questo caso, è meta-artistica anche quest’opera: non tanto perché la citazione sia anonima (in effetti, lo è, in questa forma diabolica), ma perché la “è” accentata con l’apostrofo è in teoria sbagliata (anche se nella tradizione tipografica era talvolta accettata, in assenza del carattere specifico: ma non certo come un segno di eleganza). “La coda del diavolo si cela nei dettagli” è una versione ampliata di questa citazione: e l’apostrofo e le virgole sono in effetti minuscole “code di diavolo” difficili da gestire per l’inesperto, ma che possono dannare anche un testo in teoria ottimo.
Simmetricamente, la riflessione sovrastante è rovesciata da quella di Goethe, che nell’errore di stampa non vede la morte del testo, ma la nascita di qualcosa di nuovo. E in effetti, se da un lato la sciatteria tipografica è terrificante indizio che subito volge alla sfiducia verso chi la perpetra, per contro l’errore è la vita della lingua, e al contrario di Maupassant i linguisti ritengono la “lingua vera” l’espressione orale, non quella scritta, che è sua eternazione intrinsecamente mortifera. Ma anche la stampa, coi suoi errori, può innovare. A Mondovì, si favoleggiava di una reinvenzione del “Culto dei santi locali” celebrato da un giornale religioso con la semplice abolizione di una T.
La citazione sovrastante, della Yourcenair (non dichiarata) ci porta a riflettere sulla potenza del colore come una caratteristica della Letterpress. Colore, in grigio, è celato in un’esplosione di primari, a mostrare la potenza del colore sgargiante ed essenziale rispetto al grigiore del bianco e nero. Una potenza che la letterpress può usare a piene mani, sia pure con la giusta dosatura e prudenza.
Vi sarebbero poi molte altre scritte interessanti e degne di nota, ma preferisco rimandarvi direttamente all’esposizione per la visita a una esposizione davvero affascinante. Numerosi anche i book-art presenti, di cui fornisce un’esempio la galleria sottostante.
E per chiudere, il magnifico ossimoro della conclusione di Blade Runner, il film della fantascienza cyberpunk per eccellenza, stampato e sovrapposto all’immagine di un antico torchio manuale. Il finale del film di Ridley Scott (non nel romanzo originario di Philip Dick) è un inno alla morte di un uomo (o di un androide) come la morte dei suoi ricordi; la stampa è l’inno alla conservazione del ricordo oltre la morte.
In qualche modo, quindi, questa mostra e il museo sembrano ricordarci che anche in quest’era informatica, la stampa tipografica continua ad avere qualcosa da dire.
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“Una questione di carattere 2014 – capitolo primo”
Museo Civico della Stampa di Mondovì (CN)
22 Agosto / 28 settembre
venerdì, sabato e domenica
15-19