MÜESSER YENİAY
Quando guardiamo la poesia femminile turca del periodo ottomano (dal XIII secolo al 1922), siamo anche testimoni di un processo storico. Nel periodo ottomano, come si sa, le donne non erano assolutamente incluse nella vita sociale, non potevano venire educate nelle scuole islamiche (madrasse) quindi scrivere era un atto audace ed alcune donne ottomane approfittarono di questa opportunità per se stesse e per le successive generazioni di donne.
Ma solo la donna appartenente ad una famiglia benestante poteva diventare poetessa; era educata a casa e quindi non poteva esprimersi in termini di femminismo.
Possiamo citare Mihri Hatun, che nella sua poesia tratta temi femminili in modo deciso. Visse tra il 1460 e il 1506 ad Amasya, un luogo vivace per le espressioni artistiche dove risiedevano anche i figli del sultano. Altre poetesse di questo periodo sono Zeynep Hatun, Fitnat Hanim, Şeref Hanim, Leyla Hanim. Conosciamo anche i nomi di Emine Beyza, Banu Çankirili, Arife Baci, che scrivevano letteratura popolare diversa dalla poesia Divan (classica ottomana).
Con l’istituzione della repubblica le donne ottennero i loro diritti e trovarono nuove possibilità di espressione, grazie ad Atatürk. Tra di loro ricordiamo Şükufe Nihal Başar (1896-1973) e Halide Nusret Zorlutuna (1901-1984). Le donne istruite a quel tempo parlavano le lingue europee oltre all’arabo e al persiano.
La prima donna che tratta i problemi della condizione femminile nella Turchia moderna in modo personale e sociale è stata Gülten Akin (nata nel 1933), definita da alcuni critici “poeta madre”. Con grazia e delicatezza racconta la vita rinchiusa in casa delle casalinghe e delle madri; il suo stile è semplice e senza ornamenti. In uno dei suoi saggi sulla poesia scrive: «La creatività può essere un modo per ribellarsi, quindi la creatività delle donne è davvero una ribellione e continuerà finché questa assurda discriminazione non finirà. La donna moderna non accetta la sua attuale posizione come voluta dal destino, e per questo si sente a disagio e infelice più che per le proibizioni e repressioni». In una delle sue poesie “La città è finita” dice: «Gli uomini nascono per la loro pazzia / E le donne / Racchiudendo se stesse nei loro uteri / Giocano con i loro segreti» (E allora sono invecchiata, 1995).
Sennur Sezer, (nata nel 1943) ha scritto a proposito di temi sociali, specialmente quelli delle donne lavoratrici, nella sua poesia “La fame è il pane più stantìo” (Estratto).
La poesia di Nilgün Marmara (1958-1987) ha caratteristiche anglosassoni. Ha scritto una tesi su Sylvia Plath e, come quest’ultima, si è suicidata. Ha influenzato poetesse come Lale Müldür, Gülseli İnal. Nella sua poesia si trovano spesso morte e disperazione; la rabbia viene diretta verso la vita: «Sono rimasta sotto la valanga / che mio padre ha causato» (“Atlante di sangue”).
Un’altra poetessa, Lale Müldür (nata nel 1956), è una figura interessante e creativa nella poesia moderna turca. I suoi versi sono pieni di riferimenti che bisogna conoscere, quindi i lettori devono essere istruiti per capirli. Inserisce le sue poesie non solo nella Turchia ma nel mondo; le sue parole sono deliranti come se appartenessero ad un sogno, spesso scrive associazioni senza controllo quindi la sua poesia manca di unità ed è difficile da comprendere. Il suo lavoro intellettuale può essere considerato sperimentale: «Di continuo le donne facevano l’uncinetto e nessun ricordo avevano» (“I ricordi di una donna e di un paese”, Anemone).
Didem Madak (1970-2011) ha adottato uno stile narrativo e ironico nella sua poesia, scrivendo – come se parlasse a se stessa – a proposito dei problemi delle persone che vivono nelle periferie delle città, soprattutto delle donne. Le sue poesie si possono chiamare “storie moderne di povertà”. Ecco un suo verso: «sei un ricordo di adesso».
La poesia di Birhan Keskin (nata nel 1963) generalmente tratta di temi amorosi e del mondo naturale. Scrive spesso al tempo presente. Un suo verso: «Quando tua madre ti ripudiò / ti ho preso e tessuto nella mia pelle».
Bejan Matur (nata nel 1968) è curda-alevi ma parla spesso dell’Islam sunnita, usando il linguaggio dei testi sacri. La sua voce riecheggia i racconti tradizionali. «Sono stata rubata ad una favola / solo mia madre lo sa» (Venti ululano attraverso i palazzi).
Degne di menzione sono anche Gülseli İnal (1947), Leyla Şahin (1954), Neşe Yaşın (1959) e, tra le generazioni più giovani, Müesser Yeniay. I suoi versi trattano di tematiche femminili in generale.
Riportiamo una sua poesia:
Lamento
Essere donna
significa essere invasa, o mamma!
mi hanno preso tutto
una donna mi prese la mia infanzia
un uomo il mio essere donna…
Dio non dovrebbe creare la donna
Dio non sa come partorire
qui, le costole di tutti gli uomini
sono fratturate.
il nostro collo è sottile come un capello
gli uomini ci trasportano
come ad un funerale sulle spalle.
siamo state sotto i loro piedi
leggere come piume
abbiamo volato da un mondo ad un Adamo
e le mie parole sono, o mamma!
le loro impronte…
(traduzione di Silvia Pio)
Un articolo su Müesser Yeniay si trova qui
Le foto sono di Bruna Bonino