CYBIL PRINNE
La sua grande passione era il ricamo. Ricamava di continuo, da quando si svegliava a quando andava a letto. Qualche volta sognava di ricamare. Era così brava che riusciva a ricamare mentre mangiava, camminava o puliva la casa. Era velocissima e in un giorno poteva riempire un metro quadrato di stoffa con disegni fitti fitti.
I soggetti erano verosimili, però si vedeva che erano ricamati; avrebbe voluto fare un ricamo così perfetto da sembrare vero. Ci aveva provato molte volte, ma non era mai rimasta soddisfatta del risultato.
Un mattino fu destata dal canto di un uccello con le piume blu che si era fermato sulla sua finestra. Lo fece entrare e si accorse che era ferito sul petto. Preparò un nido con degli stracci di lana, cercò di fargli bere un po’ d’acqua e gli rimase vicina mentre finiva di ricamare un fazzoletto. Ma a sera l’uccellino peggiorò e durante la notte morì.
Per cacciare il dispiacere decise di ricamare un uccello dalle piume blu come il suo ospite, di farne un quadro e appenderlo vicino al letto. Incominciò quella notte stessa.
Ricamò tutto il giorno successivo e tutta la notte appresso. Non cuciva velocemente come era suo solito, ma dava punti lenti, cercando di ricordare com’era fatto l’uccellino e di riprodurne esattamente le fattezze sulla stoffa, compresa la ferita nel petto.
Quando finì, attaccò il ricamo al muro e si allontanò di alcuni passi per vederne l’effetto. Sì, era proprio uguale al povero uccellino. Poi, stanchissima, andò a dormire. Appena sveglia, si piazzò davanti al ricamo e gli chiese come si sentisse. Non era da lei mettersi a parlare con un pezzo di stoffa, però le sembrava che l’uccello dalle piume blu fosse ancora nella stanza.
Una sera le venne in mente di mettere del cibo sotto il quadro. Era un’idea stramba, ma che le costava lasciare una scodellina di latte sul comodino? Così fece e andò a letto; alla mattina il latte non c’era più. Guardò l’uccellino ricamato e sorrise: forse era il caso di dargli anche un po’ di cibo.
Tornando dalla cucina si accorse che il sangue sulla ferita si era asciugato. Forse la luce dell’alba stava giocando uno scherzo ai suoi occhi non più giovani e si avvicinò al ricamo per guardare meglio. Eppure la ferita sembrava migliorata…
Nei giorni seguenti mise latte e pane vicino al ricamo ogni sera e ogni mattina la ferita si rimpiccioliva e l’uccello dalle piume blu perdeva poco a poco la sua aria afflitta. Dopo una settimana era guarito. Un pomeriggio di sole emise un gorgheggio e si staccò dal quadro, volò in tondo nella stanza, le sfiorò i capelli e si diresse verso la finestra aperta. Cantò ancora una volta, come per ringraziare, quindi uscì e scomparve nel cielo senza fine.
(Illustrazione di Franco Blandino)
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