Translating Gatsby

gatsby

(qui la recensione di “Margutte” del recente film tratto dal romanzo)

L’incipit del Grande Gatsby, in una traduzione originale di “Margutte”:

Nei miei anni più acerbi e vulnerabili mio padre mi ha dato un consiglio sul quale da allora continuo a rimuginare.

«Ogni volta che hai voglia di criticare qualcuno», mi ha detto, «ricorda che non tutti a questo mondo hanno avuto i vantaggi che hai avuto tu».

Non ha detto altro, ma abbiamo sempre comunicato in modo inconsuetamente riservato, ed io ho capito che voleva dire ben di più. Di conseguenza sono portato a evitare qualsiasi giudizio, un’abitudine che mi ha rivelato molti caratteri curiosi e mi ha anche reso vittima di non pochi veterani della scocciatura. Per la mente abnorme è facile percepire in fretta e aggrapparsi a questa qualità quando appare in una persona normale, quindi è accaduto che al college sono stato ingiustamente accusato di essere un politicante perché ero al corrente delle afflizioni segrete di uomini sregolati e sconosciuti.

La maggior parte delle confidenze non era richiesta; spesso ho simulato sonno, distrazione o incostanza ostile quando mi rendevo conto da un segno inconfondibile che una rivelazione intima si agitava all’orizzonte, in quanto le rivelazioni intime dei giovani, o almeno i termini nei quali vengono espresse, sono di solito plagiarie e deturpate da ovvie omissioni. Evitare il giudizio è una questione di speranza infinita. Ho ancora un po’ paura di perdermi qualcosa se dimentico che, come mio padre snobisticamente aveva suggerito, ed io snobisticamente ripeto, il senso delle basi dei valori morali fondamentali è spartito in modo diseguale alla nascita.

E dopo essermi così vantato della mia tolleranza, arrivo ad ammettere che ha un limite. Il comportamento può essere fondato sulla roccia dura o sull’umida palude, ma dopo un certo punto non m’importa su cosa sia fondato. Quando sono rientrato dall’Oriente l’autunno scorso ho sentito che volevo un mondo in uniforme e sempre moralmente sull’attenti. Non volevo più escursioni sfrenate con sguardi privilegiati dentro al cuore umano. Solo Gatsby, l’uomo che dà il nome a questo libro, era esentato dalla mia reazione; Gatsby, che rappresentava tutto ciò per il quale ho un disprezzo impassibile. Se la personalità è una serie ininterrotta di gesti riusciti, allora c’era qualcosa di magnifico in lui, una elevata sensibilità verso le promesse della vita, come se fosse collegato ad una di quelle macchine intricate che registrano i terremoti a decine di migliaia di chilometri. Questa reattività non aveva niente a che vedere con l’impressionabilità flaccida che acquista dignità sotto il nome di ‘temperamento creativo’; era una dote straordinaria di speranza, una prontezza romantica del tipo che non ho mai trovato in nessun’altra persona e sarà difficile possa trovare di nuovo. No, Gatsby era risultato a posto alla fine; è quello che rodeva Gatsby, la polvere disgustosa che galleggiava nella scia dei suoi sogni che temporaneamente chiuse fuori il mio interesse nei dolori vani e nelle euforie dal fiato corto degli uomini.

Traduzione di Margutte da F. Scott Fitzgerald “The Great Gatsby”, Wordsworth Classics 1993.

Immagine di copertina della prima edizione dell’opera